Scrivimi, confrontiamoci, parliamone!

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Voltare pagina: è comodo o coraggioso? Come sempre... parliamone!


Le situazioni che ci creano malessere, senza che ce ne rendiamo conto, ci fanno perdere tempo ed energia in maniera negativa. Ci rendono nervosi anche con chi non c'entra nulla, ci fanno sprecare davvero pensieri ed emozioni volti a cose e persone che, se ci fanno stare così male, forse tutto il nostro tempo non lo meritano davvero.
Mi sono accorta di questo proprio qualche giorno fa.
Mi sono scontrata con una persona che credevo fosse un'amica, una persona della quale avevo davvero tanta stima.
La discussione, da civile e pacata che era, ha assunto purtroppo toni sempre più aggressivi e cupi.
Al culmine di tale discussione ci siamo, per usare un eufemismo, mandate direttamente a quel paese!
Beh, che dire, ho trascorso i giorni seguenti con una stretta allo stomaco e un'agitazione addosso che mi facevano persino "tremolare" la palpebra! Una cosa odiosa se capite di che parlo!!
Ad un certo punto però mi sono detta: "vale la pensa sprecare tutte queste energie per questa persona?". Voglio dire: se la pensiamo in modi così diametralmente opposti, se al punto di rottura ci siamo arrivati e non c'è possibilità di "recupero", se in fin dei conti mi rendo conto che la persona che credevo fosse, in realtà era solo una mia proiezione mentale, perchè a conti fatti si è rivelata essere tutt'altro... ripeto: vale la pena sprecare tutte queste energie?!
Io in genere sono una persona che cerca la mediazione, mi piace incontrarmi a metà strada, trovare una soluzione, parlare, discutere, confrontarmi.
Ma in casi come questo, se la soluzione non esiste (o magari una delle due persone non è particolarmente disposta al compromesso), che senso ha continuare ogni giorno a pensarci, a farsi (scusate il termine) il fegato marcio e ad essere nervosa ed agitata per nulla?
Allora, IO in casi come questi, dico BASTA!
Volto pagina. Da domani non ci penserò più, mi sveglierò la mattina a mente sgombra.
Questa persona e tutta la questione che ha portato alla rottura per me saranno OUT.
E non mi sento nè poco coraggiosa nè codarda. Se continuassi a cercare una mediazione, mi farei del male. E io non ho intenzione di stare male per nessuno. Tantomeno per chi non si sforza neanche di fare un passo verso di me. La vita è già abbastanza complicata, senza ulteriori complicazioni che, francamente, possiamo risparmiarci.
E poi, è ovvio: se la persona in questione desidererà nuovamente confrontarsi con me... in modo serio e pacifico, allora e solo allora potrò riprendere in mano il libro della mia vita e tornare una pagina indietro. Ma fino ad allora, il mio libro andrà avanti. Ed io con esso. Serena e tranquilla.
 Il coraggio a volte sta anche nel dire "basta" e non solo nel continuare a sbattere la testa fino a spaccarsela. La codardia non è voltare pagina... ma rinunciare del tutto al confronto, senza possibilità di replica. Questo credo.
Se non la pensi come me, dimmi cosa ne pensi... 😁

Diverso = cattivo? Ma... diverso da chi?


Vi siete mai sentiti invisibili ad una festa piena di persone felici e perfette?
Sistematicamente lasciati in disparte in occasione di cene con lunghe tavolate?
Avete mai la sensazione di essere su una scala che dovrebbe portarvi al vostro obiettivo ed invece, ogni volta, qualcosa vi spinge giù per i gradini costringendovi a ripartire da capo?
E di essere la voce fuori dal coro in un gruppo di persone che professano la democrazia e che invece vi additano come guastafeste?

Io credo che, almeno una volta nella vita, a tutti sia capitato, a chi più a chi meno.
E come ci si deve sentire in questi casi: diversi? strani? insoliti? difformi?
E ammesso che ci si senta tali, chi ha detto che il tutto debba assumere per forza un'accezione negativa? Mi spiego.
La società in cui viviamo e l'epoca in cui viviamo, ci hanno (ahimè) plasmato in modo tale da farci credere che chi sia "diverso" da noi, sia fondamentalmente "sbagliato", fuori posto diciamo.
Per questo motivo, se non si è come i più, come l'elite, si è da emarginare, da tenere a distanza.
Da qui l'accezione negativa di "diverso" che fa pensare a qualcosa di diabolicamente cattivo, non conforme o addirittura pericoloso.

Io invece credo che ogni cosa, proprio perchè diversa e per questo a noi ignota, vada in primis studiata, capita, elaborata. Dio (o chi per lui) ci ha dotato di un intelletto (almeno la maggior parte di noi, mi piace pensare) e quindi mi chiedo perchè... perchè fermarsi alla superficie delle cose, quando sarebbe tanto più bello, più costruttivo e, in definitiva, più interessante, sapere chi/cosa c'è di fronte a noi?

E quindi, per tornare alle nostre sensazioni iniziali... siamo ad una festa di persone che non ci cagano e ci sentiamo invisibili. Siamo noi i diversi o gli altri...? Ma soprattutto: cosa diavolo ci facciamo ad una festa in cui sembra di non avere nulla a che spartire con il 99% degli invitati? Risposta: alzo i tacchi e me ne vado? No! Mi sveglio e provo a socializzare, se gli altri sono così diversi da me, in cosa lo sono SE lo sono, o sono io l'asociale? e se è così, perchè è così? Non posso sentirmi incompresa se sono la prima a non fare il primo passo. Ergo: se gli altri mi dribblano è perchè sono io l'asociale forse? 

Perchè alle cene con lunghe tavolate finiamo sempre nell'angolo sfigato dove alla fine della fiera trascorriamo la serata in silenzio?? Ma siamo o non siamo noi inconsciamente a metterci in disparte proprio per non metterci in evidenza... ergo: se uno non parla mai, perchè dovrei sedermi accanto a lui? quindi il cambamento deve partire da me, prima di pensare che gli altri siano diversi e cattivi.

La vetta della scala è irraggiungibile perchè qualche forza arcana gode nel buttarci giù ogni volta che stiamo per raggiungerla? Ma siamo assolutamente certi che la scala sia davvero il percorso migliore per arrivare al nostro obiettivo? O meglio, che sia il percorso più opportuno? Oppure siamo noi, autoflagellatori di noi stessi che godiamo nel rimanere sconfitti e sguazzare nel vittimismo?
Perchè non aggiriamo l'ostacolo, troviamo strade alternative o... prendiamo l'ascensore?

E infine, perchè le persone mi chiamano guastafeste per il solo fatto di non pensarla come loro?
Sono persone malvagie e crudeli? Hanno la cattiveria insita nel loro DNA?
Oppure quando ho esposto il mio parere contrario al loro l'ho fatto con prepotenza ed arroganza? Sono stata io la "cattiva" nell'esporre il mio punto di vista, facendolo passare come l'unico e possibile.


Beh, cari amici: le diversità esistono eccome. Ma credo che a volte non siano gli altri ad essere diversi da noi, ma che siamo noi ad essere diversi da loro. Sembra un gioco di parole ma se ci pensate è così. Io credo nel fatto che essere tutti uguali e fatti in serie non sia una risorsa. E che essere diversi sia una fonte di ispirazione. L'importante è capire che l'essere "diversi" non sia una cosa negativa e che come tale non deve essere vissuta. Inoltre il cambiamento, se vogliamo, può e deve partire da noi. E non per essere accettati o per uniformarci alla massa. Ma semplicemente per proclamare che la nostra diversità è parte di noi e che abbiamo il diritto di viverla senza essere giudicati.

Scelte giuste o sbagliate: non tutte sono da rimpiangere!





Stanotte ho fatto un sogno... e come sempre mi piace metterlo per iscritto per scavare dentro di me ed arrivare ad una saggia riflessione, per quanto mi è possibile ovviamente!

Ho sognato di essere ancora una ragazza e di essere con il ragazzo che avevo all'epoca... l'odioso bastardo che mi aveva spezzato il cuore per intenderci... chi non ne ha avuto almeno uno nella propria vita?! Ebbene... al contrario di quello che feci nella realtà con la persona in questione, ovvero zerbinarmi ed umiliarmi pur di tornare ad avere il suo "amore" (se così si poteva chiamare), nel sogno di stanotte reagivo in maniera totalmente diversa! Ero io la forte dei due... e quando lui mi lasciava, mi facevo vedere da lui forte ed indipendente, per nulla "bisognosa" di lui e delle sue patetiche attenzioni. Beh, neanche a farlo apposta, il verme vedendomi così, era lui stesso a tornare da me ad implorare di riavere me e il MIO amore!

Questo sogno mi ha lasciata con delle strane sensazioni al mio risveglio... con un senso di rivalsa finalmente placato da una parte... e con un enorme punto di domanda sulla testa dall'altro.
Insomma: cosa sarebbe successo se all'epoca avessi veramente tirato furi le palle e mi fossi ribellata a quel playboy da strapazzo che aveva preso il mio cuore e lo aveva messo candidamente in un frullatore? E cosa invece è successo, dopo che ho pianto per settimane e poi, con grande sforzo, ho rimesso insieme i miei pezzettini e sono riuscita a fidarmi di nuovo del prossimo?

Una cosa è certa: questo ho capito stamattina al mio risveglio.
Che se non avessi incontrato quel pezzettino di merda, se lui non mi avesse lasciata, se io non mi fossi chiusa in me stessa, se le mie amiche / compagne di sventura non mi avessero tirata fuori di casa, se non mi fossi ributtata nella mischia... insomma, se tutta questa catena di eventi non fosse andata come è andata, chissà se oggi sarei qui, nella mia casa, con il mio splendido marito al mio fianco, con mia figlia e con tutto quello che ho costruito con le mie forze.

Magari un tempo sono stata debole, mi sono lasciata sopraffare, ho deciso di essere la vittima.
Ma poi mi sono svegliata, ho deciso di essere chi mi andava di essere e soprattutto di essere FELICE.
Quindi, quello che ho capito è che una scelta, anche MA SOPRATTUTTO sbagliata, può avere conseguenze del tutto impensate. Anzi, può addirittura portare a qualcosa di meglio. Di enormemente migliore!

Ok, il mio cuore avrebbe preferito non essere straziato magari... ma se allora gli avessero detto che quella era solo l'anticamera della felicità che avrei avuto poi, chissà... forse si sarebbe rasserenato alla svelta. Ma non sarebbe il cuore forte che è oggi. Lo stesso cuore che, proprio per aver provato la tristezza adolescenziale del baratro (che oggi come oggi sembra una barzelletta ma che a 16 anni può portarti sull'orlo del precipizio), può assaporare appieno la gioia piena e incondizionata dell'amore vero e genuino.

(Un sentito grazie alla testa di cazzo che mi ha fatto soffrire... GRAZIE! Grazie a te, ora sono felice... con te non lo sarei mai stata davvero. Perchè tu non mi rendevi felice: rendevi felice te stesso, grazie a me.)

Fare la casalinga non equivale ad essere una serva!


Nel gruppo fb di mamme di cui faccio parte, sempre più spesso sento dire che i mariti che lavorano tutto il giorno, una volta a casa... stanchi e stressati, si mettono un'ora sotto la doccia e poi spaparanzati sul divano a guardare la tv.
E mi chiedo... perchè? Una donna che sta a casa, fa i mestieri, tira su i figli, gestisce la spesa, i pasti, le lavatrici etc... a sera non è anch'essa forse stanca e desiderosa di una doccia rigenerante e di una mezz'ora di fancazzismo davanti alla tv? Credo proprio di sì!
Allora perchè il marito ne ha DIRITTO e per la donna invece è una cosa scontata che non lo sia?
Cosa ha di meno il lavoro casalingo di quello fatto fuori casa? Una parola: STIPENDIO!
Chi porta il pane sulla tavola, merita il riposo. Chi lo cucina, no??
Parliamo di ragionamenti e di idee abbastanza cavernicole e, ahimè, ancora piuttosto sessiste, nonostante la parità sia in voga e di moda da qualche decennio, sentire ancora queste assurde differenze mi fa imbestialire. Anche perchè, diciamocelo, se la donna sta a casa, lo fa essenzialmente per i figli. Ma i figli non se li è fatti da sola! Diciamo che l'uomo ha avuto un ruolo non indifferente in questo! E quindi, una volta nato il pupo, dove sta scritto che sia solo della mamma quando è da sfamare e pulire. Mi sento rispondere: ma lui sta fuori casa tutto il giorno, vuole starsene solo un pò tranquillo. Giusto. Invece per la donna che è a casa di ramazza tutto il giorno è il carnevale di Rio.

Una sola parola: collaborazione! Non è difficile e non è impossibile.
Proviamo a capirne insieme il significato! "Collaborare" significa Dare il proprio contributo a un'impresa, un'attività o un progetto. Partecipare attivamente con altri alla realizzazione di un qualcosa, un lavoro o un'opera. Ma poi, ho trovato in google questa fantastica definizione che credo spieghi al meglio quello che cerco di esternare in questo momento: "Una collaborazione non è altro che una relazione sinergica tra due o più entità che lavorano insieme per produrre quialcosa di meglio di ciò che saprebbero fare da soli.

Quale definizione meglio di questa può spiegare la relazione tra due coniugi che si impegnano per far funzionare al meglio l'azienda "famiglia"? Lui lavora fuori casa, lei in casa, divisione dei compiti e fin qui ci siamo. Ma quando lui torna a casa, la sua casa - sottolineiamo che è anche sua - dai suoi figli - che sottolineiamo sono anche suoi - è giusto che continui a collaborare in casa!

Aiutando la moglie con i bambini, sollevandola da qualche piccolo lavoretto, dandole il cambio per fare la doccia... perchè ehi, magari anche lei ha bisogno di farsene una, no?
Io sono sempre stata fortunata da questo punto di vista. Mio marito mi ha sempre aiutata in tutto, ci siamo sempre divisi i compiti e anche con nostra figlia è sempre stato un valido supporto.
Forse anche per questo fatico a concepire le situazioni in cui il lui di turno se ne lava le mani e trova giusto e scontato riposarsi dopo il lavoro, senza alzare un dito in casa.

Magari mi ripeto ma: figli e casa sono di entrambi. Se uno mette il pane in tavola ha il diritto di tirare il fiato dopo una giornata di lavoro. Ma anche chi in casa ci sta tutto il giorno, con prole annessa, ne ha tutto il diritto. Parità dei sessi a tutti i costi? Se così volete chiamarla ok.
Altrimenti chiamiamolo buon senso.