Scrivimi, confrontiamoci, parliamone!

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Più scrivi, più sbagli! I social e la morte della grammatica italiana!


Questo è un articolo di protesta, una voce fuori dal coro che si innalza per farvi riflettere, un grido che si spera non cada nel vuoto, un urlo schietto e sincero che mi sale da dentro e si chiede, costantemente, ogni giorno…
CHE FINE HA FATTO LA GRAMMATICA ITALIANA?”.
Ne danno il triste annuncio quotidianamente milioni di persone, nell’epoca della globalizzazione, dove le notizie rimbalzano da TV a web a smartphone alla velocità di un batter di ciglia!
Passiamo minuti preziosi delle nostre giornate a scrivere post, a condividere attimi di vita, a commentare quella altrui. Ma allora, perché non farlo in modo corretto?
Sono lontani i tempi in cui l’unica cosa complicata da imparare e che mi capitava di sentir sbagliare era il tanto amato / odiato congiuntivo.
Oggi invece è tutto un pandemonio di H dimenticate o di troppo, apostrofi fuori posto, parole inglesi italianizzate o peggio, parole italiane disitalianizzate…
Qualche esempio?
Te l’ho presto… Vieni tu da me ho io da te… Al mio bimbo do la giunta del latte… ho lasciato il telefono in stenby… ok, tutto apposto!
In confronto a questi orrori, Dario Argento è un dilettante!
Io credo che i padri fondatori della nostra lingua si rivolterebbero nella tomba…
Ebbene, facciamoci due domande.
Cosa fa sì che questo avvenga? Quali sono le motivazioni di tanta ignoranza? E, attenzione, ignoranza nel senso più antico del termine, non in quello dispregiativo.
Sarei stata più propensa a credere che i maggiori errori venissero commessi dagli attuali teen-ager, vuoi per la dilagante superficialità che promuove tecnologia spiccia a scapito della lettura, vuoi per il disinteresse generale che la lettura crea intorno a sé (una cosa assai statica e “vecchia” prendere in mano un buon libro).
Ed invece, ahimè, ho dovuto ricredermi in toto e constatare, con mio grande disappunto, che la generazione che non sa una cippa di grammatica italiana… è proprio la mia! La mia generazione! Diciamo quella a cavallo tra gli anni 70 e 80. Che amara scoperta!
Ma allora non è colpa degli smartphone, della superficialità o della tecnologia. Quando io andavo a scuola non esistevano i cellulari, ricordo che le prime mattonelle iniziarono ad arrivare quando ormai ero in quarta / quinta superiore, ma non avevano di certo Facebook installato! Allora non c’erano i post,non c’era whatsapp e non c’era messenger… c’erano gli squilli, per far capire ad una persona che la stavi pensando. C’era la Scuola, c’era lo Studio. Se non arrivava un buon voto si stava a casa a studiare… e se il buon voto ancora non arrivava, si stava a casa anche il sabato sera (sigh!).
Insomma, io non mi capacito di come semplici regole che andrebbero apprese fin dalla scuola primaria, a tutt’oggi non siano ancora marchiate a fuoco nella nostra mente! La lingua italiana è una di quelle più difficili al mondo, è una lingua antica, neolatina. Certo, qualunque straniero dopo 2 ore in Italia sa già parlarlo bene, sa farsi capire diciamo. Ma quando dico sapere l’italiano intendo conoscerne le regole, i tempi verbali, avere a disposizione un lessico forbito e destreggiarsi con ortografia anche tra quelli che sono gli errori più comuni.
Cari amici, saper parlare e saper scrivere fa di noi persone migliori. Non solo perché riusciamo a farci capire dai nostri interlocutori senza creare fastidiosi fraintendimenti, ma perché l’arte del bel parlare arricchisce noi stessi e chi ci ascolta.
Ho provato a rispondermi circa l’origine di cotanta dilagante “sgrammatica” e mi son detta: questa ignoranza c’è sempre stata. Le persone da sempre faticano a studiare l’italiano. Solo che adesso, trovandosi a scrivere a rotta di collo sul web ogni minuto di ogni giorno, sono venuti allo scoperto!
E’ un po’ come per la celiachia io credo… è un tipo di intolleranza sempre esistito probabilmente. Solo che una volta non se ne parlava, oggi sembriamo tutti celiaci.
Questo perché? Perché se ne parla!
Una volta non ci si chiedeva se vaccinare i propri figli fosse giusto o sbagliato o se ci fossero controindicazioni di sorta. Lo si faceva e basta. Oggi perché ci sono differenti correnti di pensiero? Perché se ne parla!
Vivaddio, il web ha portato una ventata di informazioni e di conoscenze nelle nostre vite. Ben venga!
Il problema è che ci ha messi anche tutti a nudo! Se vogliamo chiedere, condividere, informare, dobbiamo esporci… e per farlo dobbiamo scrivere! Ed ecco che casca l’asino! Se l’italiano non lo sapevi bene 15 anni fa… pazienza, nessuno lo avrebbe scoperto, tranne forse se ti fossi messo a fare comizi in piazza con un microfono. Ma ora che la tua vita è SCRITTA nei social, se appena appena commetti un errore, tutto il web lo saprà facendoti diventare lo scemo del villaggio (globale).
Soluzioni rapide ed indolore?
Se dovete scrivere un post e non siete certi della corretta ortografia di una parola, NON usatela.
Non incartatevi con paroloni inglesi di cui non sapete nemmeno la pronuncia, siate semplici, spontanei… magari rinfrescatevi le idee sull’uso dell’H… (credo sia al secondo posto tra gli errori più comuni in Italia).
Oppure scaricatevi un correttore di lingua italiana da Play Store, dove inserire la vostra frase per testarne la correttezza.
Il web ci uccide… ma a volte, in extremis, ci può pure salvare!

Quando i pomeriggi di pioggia diventano... creativi!


Anche voi come me avete una figlia (o un figlio) iperattiva che richiede continui stimoli e che, se lasciata un minuto senza far niente, comincia a sbuffare tipo “tutto il resto è noia” di Califano?
Bene, allora anche voi siete sempre alla ricerca di nuove attività da condividere con i vostri cuccioli: quelli che io chiamo i “lavoretti”.

Per avere sempre l’occorrente per fare dei lavoretti, io e Chiara abbiamo istituito una sorta di “scatolone fabbricone” (nome preso in prestito dall’omonimo scatolone delle puntate d’oro dell’Albero Azzurro). Uno scatolone, in pratica, in cui riporre tutti quei materiali che possono essere creativamente riciclati per fare lavoretti: rotoli vuoti di carta igienica o di carta da forno, pezzi di stoffa, ritagli di cartoncino o volantini pubblicitari, barattoli di vetro… oltre ovviamente a pennarelli, pastelli, tempere, scotch e forbici. Con uno scatolone del genere che è semplicissimo da rifornire (pensate a quante cose utili buttiamo via ogni giorno!!!), di volta in vota sarà un gioco da ragazzi inventarsi un nuovo lavoretto. Ed anche qui il web può venirvi in aiuto con una miriade di video e tutorial di varie difficoltà.

L’ultimo lavoretto che io e Chiara abbiamo preparato, in realtà non è ancora terminato… ma voglio condividerlo con voi perché si tratta di una sorta di lavoretto… come dire… “perpetuo”! Può infatti continuare finché vorrete, o finché non sarà sufficientemente grande da ricoprire una parete intera!





Si tratta di prendere delle piccole scatole di cartone rettangolari o quadrate (noi abbiamo utilizzato quelle della pasta), l’importante è che siano tutte uguali della stessa grandezza, questo renderà il lavoretto gradevolmente uniforme.
 



 


Dopodiché si può scegliere un tema per ogni scatola: colori, frasi celebri, stoffe, fondale marino, cubetti, conchiglie… qualunque cosa vi venga in mente!



Si procede ad incollare gli elementi in ogni singola scatola e a decorarla a seconda dei vostri gusti e della vostra fantasia. 






Poi si uniscono tutte le scatole le une alle altre in modo da formare una composizione.


Il lavoretto può continuare sempre, ogni qualvolta abbiate a disposizione delle scatole dello stesso tipo. E potrete sbizzarrirvi ogni volta riempiendole dei materiali più disparati!

 


La nostra composizione, ora, ha più o meno questo aspetto:



ma credo proprio che crescerà ancora!

Io e Chiara vi auguriamo buon lavoro, anzi buon lavoretto!
Alla prossima idea!

L’effetto impermeabile: Ovvero come farci scivolare addosso le cattiverie gratuite riuscendo a passare oltre!


Venghino signori, venghino!
Oggi in offerta speciale il famosissimo, efficacissimo, infallibile e brevettato metodo per farci scivolare addosso le cattiverie uscendone vincenti: ecco a voi l’effetto IMPERMEABILE!
In cosa consiste questa mirabolante scoperta scientifica? E’ presto detto!
Vediamo come funziona.
Innanzitutto questo metodo si attiva automaticamente quando il nostro “io” riceve una critica ed agisce in più fasi:
  1. Identifica la fonte della critica: se la fonte è attendibile si passa alla fase 2, altrimenti se la fonte è ritenuta inattendibile perché fuorviata da invidia, ignoranza, prepotenza o altro, allora il nostro dispositivo si disattiva automaticamente. Non avete nulla da temere da una critica che giunga da una fonte corrotta!
  2. Se la fonte è invece attendibile, allora si passa a questa fase, la fase 2: verificare i contenuti della critica per stabilire se vi siano reali fondamenti o se si tratti di pura e semplice calunnia. Per stabilire se vi siano fondamenti, il dispositivo impermeabile vaglia le argomentazioni della critica. Se gli argomenti sono validi e circostanziati, allora mi dispiace, ma l’impermeabile vi avviserà di essere in errore e di fare un passo indietro (l’umiltà è sempre un’ottima cosa!). Se invece non sussistono argomentazioni o se queste ultime fossero del tutto improbabili e senza capo né coda, create quindi al solo scopo di recarci un danno, il dispositivo si attiverà in modo tale da far sì che la nostra autostima, il nostro buon umore ed il nostro orgoglio non ne vengano toccati, scalfiti, offesi.
  3. Infine la terza ed ultima fase. Il dispositivo rimane attivo per tutto il tempo necessario, fin quando cioè la critica è viva ed attiva nella nostra mente e nel nostro cuore, esso scherma tutto il negativo senza lasciarlo passare. Quando poi la burrasca è passata e la critica passa in secondo piano nella nostra vita, allora il dispositivo impermeabile automaticamente cessa di funzionare e torna in stand-by.
Che ne pensate? Non è un aggeggio assolutamente rivoluzionario e indispensabile nelle nostre vite? Pensate a quante incazzature ci risparmieremmo, quanti mal di stomaco e mal di fegato, quanta rabbia repressa e mal gestita e, in definitiva, quanto tempo perso dietro a chi tenta in ogni modo di screditarci, calunniarci, ostacolarci. La vita è troppo bella e breve per perdersi dietro a queste persone grette e meschine.
Come tutte le cose però, è mio dovere avvisarvi, anche il dispositivo impermeabile ha dei pro e dei contro… degli effetti collaterali diciamo!
L’impermeabile non vi permetterà in alcun modo di reagire, ma vi renderà persone fredde che non intendono in alcun modo arrivare al confronto. Vi proteggerà dall’amarezza e dalla delusione. Ma attenzione! Perché, ahimè, nemmeno i sentimenti positivi potranno attraversare il freddo e duro strato del’impermeabile.
E quindi, a conti fatti, vale davvero la pena rinunciare ad attimi postivi e stimolanti, solo per farci scivolare le denigrazioni di persone che non meritano un solo attimo della nostra attenzione?
La risposta, ovviamente, è no.
E quindi vi sconsiglio l’acquisto del dispositivo impermeabile.
Il mio consiglio per uscire vincenti dalle critiche e farle scivolare via?
Beh, non sono una maga, una indovina né tantomeno una psicologa o una psicoterapeuta.
Se qualcuno mi scredita, non c’è dispositivo che tenga, che la critica sia fondata o infondata, io ci rimango male, mi dispiace dirlo…
Ma poi, passato l’attimo istintivo di rabbia e di reazione, penso: quella persona ha ragione? O sono io ad aver ragione?
Amici miei se avete ragione, FATELA VALERE! Non fatevi zittire da chi fa la voce grossa, da chi pensa di saperne più di voi o da chi, solo ed esclusivamente per invidia, cerca di chiudervi dietro il cancello della censura.
Io non dico di diventare dei guerrafondai, ma nemmeno di farvi mettere i piedi in testa.
Siamo nati con un cervello (quasi tutti!) ed è giusto che lo usiamo!

Il mio metodo per uscire vincenti da una critica quindi è: accoglierla, gestirla senza generare rabbia ma cercando di arrivare alla fonte e poi, eventualmente, controbattere con argomentazioni serie e non a casaccio. Non esistono metodi per non sentirsi amareggiati o delusi da una critica, anche se infondata. Tutto ciò che posso dirvi è di vivere e lasciar vivere perché purtroppo la mamma degli stronzi è sempre incinta e l’erba cattiva non muore mai.
Sta a noi discernere il vero dalla calunnia, prenderci solo il buono della vita e non perdere tempo prezioso con persone che non meritano nemmeno i nostri pensieri.

Se poi, nonostante abbiate ragione e abbiate tutte le carte in regola per controbattere, il vostro interlocutore preferisce dar credito alle calunnie senza darvi diritto di replica, allora amici miei, è ora di cambiare aria, perché è ovvio che nel luogo in cui siete le persone che frequentate non vi apprezzano realmente e non vi stimano a sufficienza. E la vita è troppo breve per circondarci di persone sbagliate e deleterie. Approfittate della primavera per dare un taglio ai rami secchi. Via dalla nostra vita tutto ciò che non ci rende felici, non ci appaga o non ci valorizza.
Fate entrare nella vostra mente e nel vostro cuore solo sensazioni, persone e situazioni positive. E con questo non voglio dire, solo persone accondiscendenti che vi dicano sempre “sì” e “bravo”.
Ma persone che con i loro “no” e i “non va bene” siano in grado di farvi riflettere, di farvi migliorare, adducendo motivazioni valide al fine di una reale e costruttiva crescita, che non sia quindi una critica vacua fine a sé stessa, fatta al solo scopo di nuocere e danneggiare.


Social Network: se e come hanno influenzato la nostra personalità


Da circa un decennio Facebook e altri social sono entrati i maniera preponderante nella nostra vita: dapprima per ritrovare amici persi nel corso del tempo, poi per riunire gruppi di persone con determinate caratteristiche comuni, gruppi di vendita, di beneficenza e chi più ne ha più ne metta. La potenza e la visibilità di un post su un social network rendono il mondo più piccolo e più raggiungibile. Il tutto standosene comodamente seduti in poltrona con un clic da pc o con una polliciata da smartphone.
Ma perché è diventato così importante rendere pubblico tutto ciò che facciamo? Quello che abbiamo nel piatto al ristorante, dove e con chi siamo a qualunque ora del giorno e della notte, i primi vagiti di nostro figlio, il nostro idolo durante un concerto… ciò che prima poteva essere impresso solo nella nostra mente, nei nostri ricordi e tutt’al più su fotografie che il tempo avrebbe scolorito, oggi possono vederlo migliaia di persone. E possono dirci se lo gradiscono. E in caso negativo, possono dirci perché. Possono “commentare” la nostra vita. E sono autorizzati da noi a farlo!
Allora, potremmo dividere chi bazzica i social in 4 grandi gruppi di persone. E dico “grandi” perché poi ogni gruppo avrebbe dei sottogruppi, ma parliamo in generale per facilità.
  • Gruppo 1. I Canguri o consumatori saltuari: sono coloro per i quali Facebook è un passatempo al quale non dedicano più tempo del necessario, lo consultano solo se veramente necessario (quindi per mettersi in contatto con qualcuno o per cercare uno specifico gruppo di utilizzo). La loro bacheca è semi ordinaria: un post ogni tanto per far sapere al mondo che esistono, ma nulla di eclatante. Per loro la vita va vissuta fuori (o semplicemente non lo sanno usare e non hanno tempo né voglia di impararlo).
  • Gruppo 2. I discreti osservatori o consumatori abituali: consultano Facebook quasi quotidianamente, magari non pubblicano un post al giorno, ma seguono i gruppi ai quali sono iscritti ed intervengono nei commenti. La loro bacheca è aggiornata.
  • Gruppo 3. I furbi come volpi ovvero “fate quello che dico ma non fate quello che faccio”. Loro hanno il potere assoluto di essere presenti in ogni post di chiunque, commentano l’impossibile, sia che ne abbiano conoscenza e cognizione di causa, sia non ne sappiano un’H dell’argomento trattato. Loro esistono e dicono la propria opinione, dispensano commenti pratici, esclamazioni di gradimento o di sgradimento e soprattutto (ahimè) consigli; segnalano post che magari in qualche modo violano le regole di un gruppo etc… Parallelamente la loro bacheca è “off limits”, non si sa nulla di loro, ne chi siano né da dove provengano; inoltre le raffinatissime leggi sulla privacy impongono al visitatore di girare i tacchi se non sei amico… e se non lo sei ti risulta persino difficile inviare una richiesta, loro non le accettano! Quindi loro tutto possono, ma se tu volessi non troveresti mai un appiglio sul loro profilo inviolabile!
  • Gruppo 4. Il peggiore… ebbene sì, sono loro. i “fancazzisti”, diciamo che vanno a braccetto con le volpi per quanto riguarda l’interesse per i fatti altrui ma al contrario delle volpi, la loro bacheca è una bancarella di post di ogni genere: giorno dopo giorno, ora dopo ora, potresti risalire a ciò che hanno fatto, detto, mangiato, negli ultimi giorni. Scrivono ogni singolo pensiero che passi loro per la testa… e se fossero perle di saggezza ben venga, ovviamente non è così… fotografano di tutto: cartelli stradali, il cibo nel piatto, le borse della spesa, la casa disordinata, oltre ovviamente a cose più salienti come il primo vagito/ruttino/passo/dente/parola/sorriso/… del proprio figlio, ogni secondo trascorso in vacanza. Insomma un vero e proprio reportage verbale e fotografico della propria vita.


    Vi viene d’istinto in mente qualcuno che faccia parte di uno o più di questi gruppi?
    A me sì…
Boom! A questo volevo arrivare!
E vi siete mai chiesti perché si comportino così? Perché condividano in maniera maniacale tutto ciò che accade nella loro vita?
Già solo la parola condividere, la dice lunga. “Offrire del proprio ad altri”.
Quindi tu pubblichi un post, uno status, un’immagine, un video, per farmelo vedere, per mostrarmelo, per rendere me partecipe di quello che tu in quel momento stai facendo, pensando, mangiando, etc… e perché lo fai? A quale scopo?
Più il tuo post sarà gradito, più saranno i like che riceverai.
Quindi lo fai per ricevere like, per essere gradito, per piacere, per essere apprezzato, ammirato o (se hai fatto particolarmente il fanfarone evidenziando il possesso di cose costose etc), addirittura invidiato.
Non lo fai per cercare consenso, ma lo fai esclusivamente per piacere.

Se chiedi loro perché lo fanno, ovviamente non lo ammetteranno mai. E credo sia normale. Credo si tratti di un meccanismo altamente inconscio.
Pensiamo a quando pubblichiamo la foto del nostro splendido figlio… o del meraviglioso luogo dove siamo in vacanza… o dello strepitoso regalo che il marito ci ha fatto per l’anniversario…

Lo facciamo perché tutti possano vedere con un’immagine (che vale più di mille parole) quanto noi abbiamo, quanto siamo fortunati, quanto in definitiva la nostra vita sia perfetta ed invidiabile.
In questo non ci sarebbe niente di male…
L’importante è non cadere poi nella trappola dell’opposto. Con una vita da vip spiattellata in rete, poi non puoi presentarti nel gruppo “Te lo regalo se vieni a prendertelo” mendicando le cose più dsparate, perché basta farsi un giro sul tuo profilo per vedere che passi ogni sacrosanto weekend al ristorante. Non puoi dispensare consigli a giovani mamme, quando sul tuo profilo non fai che scrivere che non vedi l’ora che ricomincino le scuole perché non sopporti più i tuoi figli… o ancora, non puoi pretendere di improvvisarti ginecologo / ostetrica / pediatra SE NON HAI FIGLI!

Io credo che ognuno abbia un suo ruolo nel mondo. Ed una sua propria collocazione. Quando queste collocazioni vengono valicate, avvengono delle invasioni di privacy, delle diffamazioni o delle vere e proprie violazioni.
Quindi, ognuno in rete è libero di comportarsi com meglio crede, secondo il proprio essere e secondo le proprie sensibilità. Ciò che mi auguro sempre e che credo sia la cosa migliore è che ognuno rimanga sempre sé stesso. Dentro e fuori dai social. Per trasmettere agli altri un’immagine di se stessi che sia sempre veritiera e non fittizia. Che sia sempre realmente lo specchio di ciò che pensiamo, vogliamo e facciamo. In una parola, di ciò che realmente SIAMO.

Guardando “Racconti Incantati”: un film che insegna a grandi e piccini che in una favola può succedere qualunque cosa… e non solo in una favola




Pomeriggio libero, compiti e mestieri finiti… Kikka un po’ fiacca mi dice “che ne dici di guardarci un bel film insieme sul divano?”, Beh, dico OK, scegli tu!

E lei mi rispolvera questo dvd. Un film con Adam Sandler che mi è sempre piaciuto tanto.

La storia racconta della vita di un bimbo che crescendo diventa un ragazzo al quale i desideri della sua infanzia non si sono realizzati. Il padre, proprietario di un piccolo hotel, aveva dovuto cederlo ad un altro proprietario, poiché schiacciato dai debiti. Ma aveva convenuto con il nuovo proprietario che un giorno, da adulto, suo figlio avrebbe potuto lavorare nell’hotel e, se dotato e meritevole, magari dirigerlo.


Tuttavia le cose non vanno così e Skeeter (così si chiama il protagonista) si ritrova a fare l’aggiusta-tutto nell’hotel e a fare il Baby Sitter ai suoi nipotini, mentre la sorella parte per un viaggio.

Saranno proprio i suoi nipotini, sera dopo sera, ad inventare con lui fantastiche storie della buonanotte… che magicamente iniziano ad avverarsi nella vita reale di Skeeter, rendendola imprevedibile e alquanto sorprendente!

La cosa a mio parere fantastica di questa favola è innanzitutto la spensieratezza e la fantasia con cui i due bimbi inventano di volta in volta finali strepitosi per le storie, rigettando in toto le idee scontate e “pizzose” dello zio. Il loro voler aggiungere “romanticismo” e nel contempo “azione” alle storie, fa sì che la loro immaginazione spazi in lungo e in largo tra far west, galassie aliene e antica Roma!

I bambini con la loro genuina ingenuità non si rendono conto che i loro spezzoni di storie si riflettono realmente nella vita di Skeeter, creando divertentissime gag ed imprevisti spassosissimi.

Ma la cosa più bella è proprio il loro voler credere che sempre, al termine di ogni favola, ci sia un lieto fine. Anche quando lo zio, cinicamente, dice loro che non può sempre essere così. La loro tenacia, la loro fantasia, il loro essere così puri, veri e incontaminati, li porterà a seguire il cuore ed a difendere quello che per loro veramente conta.

Trovo sia un fantastico film per tutta la famiglia e ve lo consiglio caldamente.

Come valore aggiunto, vi segnalo il mitico Adam Sandler (mia figlia lo adora!) e l’altrettanto bravissimo Guy Pearce.

Ritagliatevi un pomeriggio con i vostri bambini per ascoltare i “Racconti Incantati” e non dimenticate che i bambini hanno la chiave della semplicità e insieme delle cose più fantastiche.

Se “la tua capacità di divertirti dipende solo dalla tua fantasia”, allora fatevi prendere per mano da Bobby e Patrick. Non “sottosmatulate” i bambini!

Insegnare la religione ai nostri bambini: cultura generale o un voler imporre loro in cosa credere?





La Kikka a settembre ha iniziato la scuola… e non ho avuto alcun dubbio: l’ho iscritta anche all’ora di religione. Non tanto perché io sia particolarmente credente. Anzi, potrei essere comodamente considerata una cattolica NON praticante, ovvero sia una persona che ha delle credenze ma che non hanno NULLA a che vedere con la Chiesa, con gli uomini che ci “lavorano” o con qualunque genere di sacramento che l’uomo si è arrogato il diritto di poter impartire solo perché “Dio glielo ha concesso”. Credevo di iscriverla all’ora di religione pensando che in questa ora le sarebbe stata data una infarinatura generale sulle varie religioni che esistono nel mondo. TUTTE le religioni. Non solo la nostra.
Di riflesso l’ho iscritta anche al catechismo. Ma qui le cose mi sono andate un pochino più di traverso.

Innanzitutto per il primo anno, era prevista anche la presenza dei genitori. Fin qui non ci sarebbe stato niente di male, faccio una cosa per mia figlia, la faccio volentieri. Anche perché in principio era stata lei a chiedermi del catechismo, credo più per emulazione nei confronti delle sue amichette grandi, che per reale comprensione del significato del catechismo in sé. In ogni caso, l’ho iscritta e sono andata con lei e con mio marito al primo incontro.

Il sacerdote che ci ha accolti, un ragazzo davvero giovanissimo, ci ha specificato sin da subito l’importanza della presenza dei genitori che accompagnassero i figli in questo “percorso”.

OK.

E che il percorso iniziato in prima elementare avrebbe poi portato alla celebrazione dei “sacramenti”.

MMM, OK.

E che se genitori e figli non avessero frequentato il catechismo con puntualità e con serietà, i sacramenti non avrebbero potuto essere celebrati.

MMM.

Ma che comunque sia il catechismo non era obbligatorio e che nessuno doveva sentirsi in qualche modo “forzato” a frequentarlo.

EH NO allora non ci siamo!

Andiamo con ordine.

Come detto sopra, non sono credente. Non credo nella Chiesa in quanto struttura istituita dall’uomo. Pertanto non credo negli uomini che si professano “comandati da Dio” a promulgare la Sua parola o che agiscano in Suo nome prendendo decisioni prettamente “umane”.

Detto ciò, mi dici che il catechismo NON è obbligatorio, ma in modo subdolo ed in sordina mi dici anche che chi non lo frequenterà, non sarà ammesso alla celebrazione dei sacramenti.

E quindi, scusate, ma questo non lo rende automaticamente obbligatorio?

So cosa staranno pensando molti di voi: se non credi perché la iscrivi? Perché la fai frequentare e perché vuoi farla cresimare etc…? Per seguire la massa?

ASSOLUTAMENTE NO, se mi conosci un pochino sai bene che non seguo la massa, anzi porto avanti le mie idee anche se nel branco sono l’unica voce fuori dal coro.

Ed ecco cosa è avvenuto la prima lezione del catechismo, quando il sacerdote ci ha chiesto di scrivere su un foglietto la risposta a questa semplice domanda: “Perché siete qui?”.

Ovviamente le risposte “per stare accanto a mio figlio”, “per condividere con lui questo importante percorso” e “per insegnare a mio figlio le basi della nostra religione”, si sono sprecate. Ed io le ho rispettate. Non ho gradito però, quando la mia di risposta non è stata rispettata. Era una risposta come le altre che meritava di essere rispettata, non condivisa magari dai più, ma rispettata.

“Io mi trovo qui perché la società di oggi tenta di indottrinare i nostri figli già dai primi anni di vita al fine di creare individui che credano nelle stesse cose e che temano le stesse cose. Quindi più facilmente controllabili“.

Cosa avrò mai detto di male?

Ebbene. Io per quest’anno ho deciso di non partecipare ad altri incontri di catechismo.

Inoltre, se mia figlia l’anno prossimo lo vorrà frequentare, sarò ben lieta di accompagnarla e di condividere con lei il percorso che LEI sceglierà di percorrere. Tuttavia nessuno mi toglierà mai dalla testa che a 6 anni, un bambino non può sapere in COSA credere. Semplicemente perché non ha la giusta consapevolezza e i giusti strumenti per discernere la verità da ciò che invece ci viene inculcato per tradizione e che non ha alcun fondamento.

E non trovo giusto il voler trasmettere a mia figlia il cattolicesimo, solo perché i miei genitori lo hanno trasmesso a me. Lei sceglierà con la sua testa quando lo riterrà opportuno. Così come ho fatto io. Sono arrivata a 36 anni per capire che posso comunicare con Dio senza l’intermediazione delle Chiesa che a mio parere crea solo inutili interferenze.



DIO


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CHIESA



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IO



Per non parlare del filtraggio delle informazioni. Se Dio ha detto 100, con il filtro della Chiesa, a noi è arrivato si e no il 10% di quello che ha voluto dirci. La verità ci è stata occultata fin troppo bene dagli uomini di Chiesa, i quali (badate bene, sempre a mio parere) si sono macchiati dei peggiori crimini di questa terra.

Ebbene, per quanto mi riguarda, Gesù ha detto: “Dio è dentro di te e tutto intorno a te, non in templi di legno e pietra (e questo già la dice lunga sulle Chiese…). Solleva una pietra e io ci sarò, spezza un legno e mi troverai”. Quindi nessuno, e dico, NESSUN uomo può permettersi di dirmi che mia figlia può o non può fare la cresima, o che il catechismo sia obbligatorio, o che se non vado in chiesa do un cattivo esempio a mia figlia. La Chiesa E’ uomo. E col genere umano non ho niente a che spartire, dal punto di vista religioso.

Conclusione: l’anno prossimo eliminerò a Kikka l’ora scolastica di religione, troppo improntata alla NOSTRA religione, non una lezione sulle religioni che esistono nel mondo.

Inoltre se ne è già uscita con una domanda scottante “ha ragione la maestra di religione dicendo che discendiamo da Adamo ed Eva, o ha ragione la maestra di Storia dicendo che discendiamo dalle scimmie?”. Sono già spiazzata e lei è solo in prima elementare!!!

Per quanto concerne il catechismo, mi riservo di parlare con mia figlia nel corso dell’estate, a mente sgombra, capire cosa vuole e poi comportarmi di conseguenza. Senza forzarla, senza incanalarla e senza in alcun modo, scegliere per lei.

Chiamatemi pure madre degenere, ma io credo che lasciarle la libertà di scegliere se e in cosa credere, sia la cosa migliore che una madre possa fare. Non tanto per lavarsene le mani, quanto per renderla già responsabile delle proprie scelte.

CIPOLLA DI NOME E DI FATTO!!! Modo di vestirsi e di mangiare sulla stessa lunghezza d'onda...



Fino alla settimana scorsa si schiattava dal caldo (evviva lo adoro!), poi c’è stato un lieve calo delle temperature, direi tipico del marzo ballerino. Poi di nuovo caldo ed ora?! Mio Dio sembra di essere in autunno inoltrato!!! Ieri pomeriggio sono uscita per una passeggiata con mia figlia ma siamo tornate a casa quasi subito! Il vento gelido che ci soffiava in faccia non era per niente invitante.
Ed allora io mi chiedo, se è possibile di grazia saperlo, come accidenti bisogna vestirsi in questo periodo per non morire di caldo ma nemmeno per gelare?
Noi adulti ancora ancora ce la caviamo, ma per i nostri bambini è un attimo prendersi un raffreddore o una terribile tosse.
Ebbene, come diceva mia nonna, in aprile “non ti scoprire”. Ed io ho ribattezzato questo mese, il mese dell’abbigliamento a cipolla, a “strati”… sì esatto come quelli di Shrek.
Bisogna vestirsi a strati, in modo da potersi spogliare se fa caldo o rivestire se fa freddo.
Esempio: canotta, sopra maglia a mezze maniche, sopra golfino, sopra giacca jeans o spolverino… se fa caldo inizi a sFogliarti, altrimenti gli strati restano addosso.
E, neanche a farlo apposta, rimanendo in tema “cipolla”, ho scoperto una sfilza di proprietà di questo alimento che fino a poco tempo fa ignoravo.
Che facesse bene a stomaco e intestino, questo lo sapevo.
Ma sapevate che alza le difese del nostro sistema immunitario? Che è un antibatterico naturale (quasi un antibiotico), un potente diuretico e depurativo, che facilita la circolazione del sangue etc etc ?
Quindi, ricapitolando, vestiamoci a cipolla per fregare il tempo ballerino e mangiamo più cipolla per difendere il nostro organismo da fastidiosi mali di stagione.
Come consumare la cipolla? Io la sminuzzo e la mangio cruda nell’insalata, oppure in pinzimonio insieme a spicchi di finocchio.
E direte voi: a fine pasto tuo marito ti starà ben lontano!
E invece devo dirvi che sia lui, sia la Kikka sono diventati golosi di cipolle… beh non la mangiamo tutti i giorni, ma a giorni alterni sì. E visto che la mangiamo tutti, nessuno sta lontano da nessuno. Stiamo tutti insieme, vestiti a cipolla, mangiando cipolla!!!


"Mamma cosa vuol dire ergastolo?" Spiegare il concetto di GIUSTIZIA a mia figlia quando sono la prima a non crederci.





Qualche sera fa mentre eravamo accoccolate sul divano a guardare un cartone in totale relax, la Kikka se ne esce con questa domandona "Mamma ma cosa vuol dire ergastolo?".
Ecco, appunto.
Innanzitutto mi scervello in qualche manciata di secondi per capire dove possa averlo sentito!!! Insomma, non è proprio una parolina da cartoni animati da bimba di 7 anni!
E va beh... poi passiamo al contrattacco!
Allora...
"L'ergastolo è quando stai in prigione per tutta la vita, finchè non muori", cerco di spiegare io nel modo più semplice possibile.
Vedo il suo sguardo intelligente ma perplesso porsi mentalmente delle domande.
E io incalzo, ignara del ginepraio nel quale stavo per cacciarmi.
"Sì ma una punizione del genere te la danno solo se hai commesso qualcosa di veramente MOLTO grave". E penso di cavarmela così.
E lei non soddisfatta "Tipo se un uomo uccide un altro uomo?".
E lì, devo ammettere che  ho avuto un'esitazione... che lei non ha tralasciato di notare.
"Esatto, come se un uomo uccide un altro uomo".
Ma in realtà, parliamoci tra noi... in realtà non è proprio così.
Quanti casi ci sono e ci sono  stati in Italia  di omicidio per i quali siamo rimasti costernati, senza parole e del tutto shockati? E per quanti di questi casi abbiamo sentito dare un ergastolo?
MMM, io francamente MAI.
Anzi, ho visto addirittura sentenze di colpevolezza ribaltarsi in sentenze di innocenza in secondo grado.
Quindi, magari ora no perchè non voglio distruggere proprio tutti i valori di mia figlia che pensa ancora che il mondo sia dei giusti e degli onesti e che i cattivi vengano puniti con la prigione.
Ma sicuramente tra qualche anno vorrò chiarire con lei questo concetto.
Io sono sempre stata una persona fondamentalmente ottimista, una che non si abbatte facilmente o che comunque lotta per ciò in cui crede.
Ma il concetto di giustizia è un qualcosa che esula ormai dalla mia sfera di valori.
Non è che io non creda nella giustizia, ATTENZIONE! Semplicemente non credo nelle istituzioni che dovrebbero esercitarla.
Io credo in un ordine superiore delle cose che riequilibra gli avvenimenti, una sorta di legge del contrappasso del buon vecchio Dante.
Ma affermare che la giustizia ci sia e che faccia il suo corso... ahimè, questa sì è un'utopia bella e buona. 
Quindi, lascerò credere a mia figlia ancora per qualche anno che, come nelle migliori storie in dvd che lei colleziona, il cattivo alla fine perde e viene punito, mentre il buono vince.
Nella realtà, se va bene, il buono sopravvive, mentre il cattivo 
- non viene scoperto
- viene rilasciato per prescrizione dei termini
- viene assolto in Cassazione
- ha l'immunità parlamentare
O, nel migliore dei casi, va sì in prigione, ma viene liberato in licenza premio, durante la quale ovviamente taglia la corda!!!
Ergastolo mai...
Giustizia? Sarebbe bello sì! Proprio come una bimbo crede che sia. E proprio come DOVREBBE essere.

Sono incinta… Come è potuto accadere?


 Siamo nel 2017, l’educazione sessuale la insegnano nelle scuole, abbiamo internet praticamente ovunque, su pc o smartphone, dove basta un clic per aprire un mondo di informazione e condivisione. Abbiamo riviste, programmi televisivi, la pubblicità martellante ed incessante che non ci lascia scampo.

E allora no, io non ci sto.

Scusate ma “sono incinta ma non so come sia potuto succedere”… PROPRIO NON SI PUO’ SENTIRE!!!

Eppure sembra una frase all’ordine del giorno…

Ed io che lavoro in un negozio dedicato all’infanzia, resto basita di fronte alle dichiarazioni ingenue di ragazze che, con aria spaesata e assolutamente incredula, ribadiscono “cioè, non lo stavo cercando… non so come sia successo”.

Allora care ragazze, facciamo il punto della situazione.

Non posso credere che nessuno nella vostra breve vita vi abbia mai raccontato dell’ape e del fiore o della macchina che entra in galleria o…

Mai sentito parlare di preservativo, pillola, spirale…?

Nessuno vi ha mai accennato che un rapporto non protetto possa dare luogo ad una gravidanza?

Io non ci credo.

Quindi, chi mi dice “sono incinta ma non lo cercavo” secondo me è:

  • Pirla… dai è impossibile che tu non abbia mai sentito parlare di contraccezione.
  • Ignorante… nel senso più ampio del termine, cioè IGNORA le banali indicazioni sulla contraccezione, non le conosce davvero, perché nel suo sperduto paese di montagna senza wifi o sul pianeta della galassia dalla quale proviene, evidentemente nessuno gliene ha mai parlato.
  • Furba… in realtà sa benissimo quanti e quali siano i metodi per non incorrere in una gravidanza, ma si comporta da ingenua per generare curiosità, consenso, condivisione.
  • Maligna… spero che non esista una persona del genere… ma ho smesso di sorprendermi. Non sono una grandissima fan del genere umano purtroppo e temo anche ci possa essere chi, sapendo le difficoltà che una persona attraversa, glielo spiattelli in faccia come a dire “guarda un po’, tu fai tanta fatica, io manco lo cercavo e ho fatto subito centro!”.

Con questo non voglio dire che al mondo siamo tutti perfetti e che chi dice una frase del genere sia la pecora nera da additare e tenere alla larga.

Al contrario, siamo tutti imperfetti, ognuno con i propri limiti e con le proprie debolezze… io per prima!!! 
Ma sarà forse il fatto di non poter avere più figli a farmi parlare così? Dite che potrebbe essere invidia? All’inizio lo credevo… e mi detestavo per questo.

Invidia, risentimento, odio, orgoglio, sono sentimenti che non sopporto e che cerco di eliminare dalla mia vita perché oltre ad essere controproducenti sono anche fisicamente malsani… pensate al nostro fegato come si ingrossa per trattenere tutta quella negatività!

Col tempo invece ho capito che non era invidia. Grazie ad un bellissimo percorso interiore ho potuto metabolizzare la mia situazione, comprenderla, accettarla e trovare strade alternative.

L’amore di mio marito e di mia figlia hanno colmato quel senso di colpa e di inadeguatezza che per mesi mi aveva attanagliata, facendomi sentire inutile e non bastevole.

No, cari amici.

Io sono imperfetta e sto bene con me stessa.

Ma tu, che dici di essere incinta e di non sapere come sia potuto accadere… sei tu che hai dei problemi!!!


Ok, nessuna polemica. Continuerò a leggere questo tipo di post su facebook o a sentire qualche mamma idealista che sospirando mi racconta del suo amletico dubbio. Ma lo farò continuando a fare quello che ho fatto finora: passando oltre. Ciò che non mi tocca non mi scalfisce. Ciò che non mi appartiene, non mi riguarda.

Conclusione 1: Informatevi! Non sempre una persona consapevole vive meglio di una “ignorante” (sempre nell’accezione più ampia del termine). A volte non sapere costituisce una corazza dietro la quale schermarsi dagli attacchi esterni. Ma se la disinformazione ci porta ad una gravidanza indesiderata, allora ALT! Coi bambini non si scherza. MAI!

Conclusione 2: Detto ciò… vivo e lascio vivere. Io nel mio orticello sto bene e anche se l’erba del vicino di solito è più verde, garantisco che anche la mia lo è. Ed io la adoro!