La Kikka a settembre ha iniziato
la scuola… e non ho avuto alcun dubbio: l’ho iscritta anche
all’ora di religione. Non tanto perché io sia particolarmente
credente. Anzi, potrei essere comodamente considerata una cattolica
NON praticante, ovvero sia una persona che ha delle credenze ma che
non hanno NULLA a che vedere con la Chiesa, con gli uomini che ci
“lavorano” o con qualunque genere di sacramento che l’uomo si è
arrogato il diritto di poter impartire solo perché “Dio glielo ha
concesso”. Credevo di iscriverla all’ora di religione pensando
che in questa ora le sarebbe stata data una infarinatura generale
sulle varie religioni che esistono nel mondo. TUTTE le religioni. Non
solo la nostra.
Di riflesso l’ho iscritta anche
al catechismo. Ma qui le cose mi sono andate un pochino più di
traverso.
Innanzitutto per il primo anno,
era prevista anche la presenza dei genitori. Fin qui non ci sarebbe
stato niente di male, faccio una cosa per mia figlia, la faccio
volentieri. Anche perché in principio era stata lei a chiedermi del
catechismo, credo più per emulazione nei confronti delle sue
amichette grandi, che per reale comprensione del significato del
catechismo in sé. In ogni caso, l’ho iscritta e sono andata con
lei e con mio marito al primo incontro.
Il sacerdote che ci ha accolti,
un ragazzo davvero giovanissimo, ci ha specificato sin da subito
l’importanza della presenza dei genitori che accompagnassero i
figli in questo “percorso”.
OK.
E che il percorso iniziato in
prima elementare avrebbe poi portato alla celebrazione dei
“sacramenti”.
MMM, OK.
E che se genitori e figli non
avessero frequentato il catechismo con puntualità e con serietà, i
sacramenti non avrebbero potuto essere celebrati.
MMM.
Ma che comunque sia il catechismo
non era obbligatorio e che nessuno doveva sentirsi in qualche modo
“forzato” a frequentarlo.
EH NO allora non ci siamo!
Andiamo con ordine.
Come detto sopra, non sono
credente. Non credo nella Chiesa in quanto struttura istituita
dall’uomo. Pertanto non credo negli uomini che si professano
“comandati da Dio” a promulgare la Sua parola o che agiscano in
Suo nome prendendo decisioni prettamente “umane”.
Detto ciò, mi dici che il
catechismo NON è obbligatorio, ma in modo subdolo ed in sordina mi
dici anche che chi non lo frequenterà, non sarà ammesso alla
celebrazione dei sacramenti.
E quindi, scusate, ma questo non
lo rende automaticamente obbligatorio?
So cosa staranno pensando molti
di voi: se non credi perché la iscrivi? Perché la fai frequentare e
perché vuoi farla cresimare etc…? Per seguire la massa?
ASSOLUTAMENTE NO, se mi conosci
un pochino sai bene che non seguo la massa, anzi porto avanti le mie
idee anche se nel branco sono l’unica voce fuori dal coro.
Ed ecco cosa è avvenuto la prima
lezione del catechismo, quando il sacerdote ci ha chiesto di scrivere
su un foglietto la risposta a questa semplice domanda: “Perché
siete qui?”.
Ovviamente le risposte “per
stare accanto a mio figlio”, “per condividere con lui questo
importante percorso” e “per insegnare a mio figlio le basi della
nostra religione”, si sono sprecate. Ed io le ho rispettate. Non ho
gradito però, quando la mia di risposta non è stata rispettata. Era
una risposta come le altre che meritava di essere rispettata, non
condivisa magari dai più, ma rispettata.
“Io mi trovo qui perché la
società di oggi tenta di indottrinare i nostri figli già dai primi
anni di vita al fine di creare individui che credano nelle stesse
cose e che temano le stesse cose. Quindi più facilmente
controllabili“.
Cosa avrò mai detto di male?
Ebbene. Io per quest’anno ho
deciso di non partecipare ad altri incontri di catechismo.
Inoltre, se mia figlia l’anno
prossimo lo vorrà frequentare, sarò ben lieta di accompagnarla e di
condividere con lei il percorso che LEI sceglierà di percorrere.
Tuttavia nessuno mi toglierà mai dalla testa che a 6 anni, un
bambino non può sapere in COSA credere. Semplicemente perché non ha
la giusta consapevolezza e i giusti strumenti per discernere la
verità da ciò che invece ci viene inculcato per tradizione e che
non ha alcun fondamento.
E non trovo giusto il voler
trasmettere a mia figlia il cattolicesimo, solo perché i miei
genitori lo hanno trasmesso a me. Lei sceglierà con la sua testa
quando lo riterrà opportuno. Così come ho fatto io. Sono arrivata a
36 anni per capire che posso comunicare con Dio senza
l’intermediazione delle Chiesa che a mio parere crea solo inutili
interferenze.
DIO
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IO
Per non parlare del filtraggio
delle informazioni. Se Dio ha detto 100, con il filtro della Chiesa,
a noi è arrivato si e no il 10% di quello che ha voluto dirci. La
verità ci è stata occultata fin troppo bene dagli uomini di Chiesa,
i quali (badate bene, sempre a mio parere) si sono macchiati dei
peggiori crimini di questa terra.
Ebbene, per quanto mi riguarda,
Gesù ha detto: “Dio
è dentro di te e tutto intorno a te, non in templi di legno e pietra
(e questo già la dice lunga sulle Chiese…). Solleva
una pietra e io ci sarò, spezza un legno e mi troverai”.
Quindi nessuno, e dico, NESSUN uomo può permettersi di dirmi che mia
figlia può o non può fare la cresima, o che il catechismo sia
obbligatorio, o che se non vado in chiesa do un cattivo esempio a mia
figlia. La Chiesa E’ uomo. E col genere umano non ho niente a che
spartire, dal punto di vista religioso.
Conclusione: l’anno prossimo
eliminerò a Kikka l’ora scolastica di religione, troppo improntata
alla NOSTRA religione, non una lezione sulle religioni che esistono
nel mondo.
Inoltre se ne è già uscita con
una domanda scottante “ha ragione la maestra di religione dicendo
che discendiamo da Adamo ed Eva, o ha ragione la maestra di Storia
dicendo che discendiamo dalle scimmie?”. Sono già spiazzata e lei
è solo in prima elementare!!!
Per quanto concerne il
catechismo, mi riservo di parlare con mia figlia nel corso
dell’estate, a mente sgombra, capire cosa vuole e poi comportarmi
di conseguenza. Senza forzarla, senza incanalarla e senza in alcun
modo, scegliere per lei.
Chiamatemi pure madre degenere,
ma io credo che lasciarle la libertà di scegliere se e in cosa
credere, sia la cosa migliore che una madre possa fare. Non tanto per
lavarsene le mani, quanto per renderla già responsabile delle
proprie scelte.
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