Scrivimi, confrontiamoci, parliamone!

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Malinconia... per favore vai via!

E' una sensazione di malessere generale, purtroppo non fisico.
Dico "purtroppo", perchè se fosse fisico forse un qualche genere di rimedio lo troveremmo anche.
Invece la malinconia è più subdola.

Ma che cos'è esattamente?
Come la si può spiegare?
Da grande amante della lingua italiana, quale sono, mi affido al vocabolario, se non altro come punto di partenza!
La malinconia è:
"...uno stato d'animo di vaga tristezza, spesso alimentato dall'indugio rassegnato o addirittura compiaciuto, nell'ambito di sentimenti d'inquietudine o delusione...".
Ok, ora sappiamo cosa sia.
Ma perchè arriva talora di soppiatto? Da cosa scaturisce?

A me capita di essere malinconica quando qualche canzone mi riporta al passato, quando cioè mi ricorda un determinato periodo della mia vita in cui scelte diverse (prese col senno di poi) mi avrebbero (forse) fatta soffrire meno. Mi ricordano a volte chi avrei voluto essere allora e, a causa di quelle scelte, non sono diventata.
Eppure, quelle stesse scelte (giuste o sbagliate che fossero) mi hanno portata ad essere quella che sono oggi e ad avere quello che ho oggi (e non parlo ovviamente di beni materiali).
Quindi non tutto il male viene per nuocere, giusto?

Ma la malinconia mi assale anche quando mi sento inadeguata, non bastevole, imperfetta, come mamma o come moglie. Anche come donna.
E tutte le paure, le incertezze, i dubbi che a fatica avevo ingerito, digerito e metabolizzato, riaffiorano improvvisamente, malvagi e fastidiosi come un odioso reflusso.

La malinconia indebolisce, la mente, il corpo e lo spirito.
Ma possiamo ribaltare le cose, sempre!
Trasformarla in un punto di partenza dal quale ripartire, da cui valutare le proprie debolezze per sconfiggerle. 

Non dico che la malinconia sia una bella cosa, nè che esistano modi per rendercene immuni. Eppure trovo che anche questo, gestito sapientemente, sia un meraviglioso sentimento umano. E in quanto tale, non potremmo definirci esseri sensibii se non l'avessimo provato almeno una volta nella vita!

Denaro = felicità? Come sempre è questione di punti di vista, parliamone!


Una volta davo per scontato che fosse così: i soldi non danno la felicità. Punto.
Forse quando ero più giovane, disillusa, ancora convinta che il mondo fosse un luogo felice dove persone totalmente diverse tra loro potessero convivere in armonia.
E non è che crescendo sia diventata più cinica, fredda o disincantata.
Semplicemente valuto le cose in modo diverso e, come mi piace sempre fare, da diversi punti di vista.

Non è che i soldi comprino la felicità, ecco, di questo sono ancora abbastanza convinta. Ma i soldi comprano cose... e se per essere felici dobbiamo avere cose, beh allora in quel caso siamo a posto: per essere felici, ci "bastano" i soldi.

E' anche vero però, come diceva il caro vecchio Schopenhauer, che non appena un desiderio viene soddisfatto, ecco che ne arriva un altro che ci fa immediatamente accantonare il precedente, in una catena senza fine che porta l'uomo ad essere perennemente insoddisfatto.

Eppure conosco famiglie di 5 persone con un solo stipendio (magari da operaio) essere sempre felici e spensierate.
E famiglie invece di 3 persone - passatemi il termine - piene di soldi, ma tremendamente grigie e tristi.
E pensate che se la famiglia da 5 avesse 2 due soldi in più, non sarebbe più felice?
ESATTO! Sarebbe "più" felice, più di quello che è già. Perchè così come sta, lo è già.
Alla famiglia da 3 invece, date più denaro: rimarrà immutata. Perchè ha già tutto (o pensa di averlo) e non lo sa. Non lo apprezza, lo da per scontato e non si rende conto dell'incredibile agio in cui vive.

Non voglio dire che i soldi non siano utili e che con essi la vita non possa essere quantomeno più semplice.
Pensiamo ad un malato: magari con i soldi non guarirà, ma avrà la possibilità di avere una confortevole camera privata in ospedale, di accedere a visite specialistiche a pagamento in minor tempo (a volte con la mutua si rischia di schiattare prima di essere visitati), o addirittura potrà permettersi di viaggiare alla ricerca di cure alternative (perchè no?) altrettanto efficaci e sostitutive a quelle tradizionali.

O pensiamo invece ad un bimbo i cui genitori in carriera lavorino tutto il giorno lasciandolo a casa con le migliori baby sitter e che, per farsi perdonare della loro assenza, lo ricoprano di giocattoli e regali ad ogni piè sospinto. Un bimbo del genere crescerà con la consapevolezza che per avere un qualcosa non sarà necessario "sbattersi", ci penseranno i suoi ad accontentarlo. Ma allo stesso tempo rimarrà in lui la sensazione che avrebbe preferito un pomeriggio in compagnia dei suoi genitori piuttosto che di un'estranea, per quanto pluri-referenziata!

Che dire? I soldi servono e possono agevolare tante situazioni. Ma non possono in alcun modo sostituire le persone, l'affetto, l'amore. E non possono, categoricamente ed in alcun modo, comprare il tempo.

Quindi se mi chiedessero se desidererei avere in regalo un milione di euro, non farò la moralista e vi dico senza indugi che risponderei di sì.
Ma so già che se non avessi mia figlia, mio marito o comunque la mia famiglia con la quale condividere una tale fortuna, potrei anche trascorrere la vita a comprare "cose" per riempire la mia lussuosa casa... ma rimarrebbe sempre, comunque, irrimediabilmente vuota.

Arroganza e superiorità... due brutte bestie da tenere in gabbia!


Sentirsi i migliori, sempre e in ogni campo, screditare gli altri per elevare noi stessi al di sopra di tutto e tutti, non condividere le idee di qualcuno e voler imporre ad ogni costo le proprie come verità assolute ed inconfutabili!
DETESTO QUESTO TIPO DI PERSONE!
In primis perchè sono persone mediocri, limitate, maleducate e (fondamentalmente) ignoranti.

Ora, io posso capire che al mondo ci siano cose giuste e sbagliate. Ma è una mia opinione!
E tale deve restare. Non devo per forza convincere il mio interlocutore che io ho ragione e lui torto... esistono i punti di vista diversi vivaddio!

Ed ecco che la lingua italiana ci viene in aiuto spiegandoci in termini facili e comprensibili cosa significa ARROGANTE. "Arrogante" non è un insulto che facciamo a qualcuno che ci sta particolarmente sulle balle, l'arrogante è colui che si "arroga" un qualcosa, si autoattribuisce, chiede o meglio pretende ciò che non gli è dovuto.

Pertanto l'arrogante, a casa mia, è una persona che magari potrebbe anche avere ragione, ma che per il solo fatto di volersi arrogare tale ragione, la sua prepotenza e la sua tracotanza lo fanno passare dalla parte del torto.
Per ogni cosa, anche semplicemente per comunicare una opinione, ricordiamoci che c'è sempre MODO e modo.

Non è assolutamente necessario aggredire chi ci sta di fronte, seppellirlo di parolacce, insulti o ramanzine di ogni genere per farlo passare dalla nostra parte della barricata. Perchè che noi ci crediamo o meno, anche chi ci sta di fronte può avere una sua opinione, un suo modo di vedere le cose, una sua prospettiva o una sua visione d'insieme. E, pensa un pò... se l'ascoltassimo potrebbe persino essere interessante. SE l'ascoltassimo. Ma siamo troppo superiori e migliori per ascoltare la verità degli altri. Noi la nostra ce l'abbiamo in tasca, di verità... e ce la teniamo ben stretta, senza possibilità di modifiche o ripensamenti.

Beata ignoranza! L'arroganza e la superiorità sono due brutte bestie da mettere in gabbia, perchè non ci permettono di conoscere quello che sta al di là del nostro naso. Non ci permettono di crescere, di confrontarci, di sperimentare e di sapere.
L'umiltà invece, la capacità di metterci in gioco, di cambiare idea e di discutere con il prossimo, questo sì... fa di noi persone migliori, più aperte, malleabili e predisposte ai rapporti.

Ricordate: la persona colta ha sempre da imparare, la persona ignorante sempre da insegnare!

Un consiglio, magari scontato, ma che va sempre in voga quando avete a che fare con persone arroganti e che si sentono superiori?
"Non ti curar di lor, ma guarda e passa...", il grande Dante aveva già capito tutto!

L'abito fa il monaco? Questione di testa!

Sei in coda al semaforo e vedi un uomo trasandato, con la barba incolta, la camicia con i primi 3 bottoni aperti... e pensi subito sia uno sfigato, magari disoccupato, in fuga dall'amante e di ritorno dalla moglie cornuta oppure in ritardo per andare in ufficio perchè la sera prima è uscito per locali con i suoi amici poco di buono.
Poi camminando per il centro commerciale incroci una ragazza con dei leggings talmente aderenti da essere quasi calze elastiche post safenectomia, una scollatura provocante e dei tacchi dai quali può permettersi di guardarti dall'alto in basso. Non puoi non pensare sia proprio una "zoccola", conciata in quel modo tanto appariscente.

Che dire? Nel nostro cervello si innescano meccanismi tanto rapidi quanto a volte ingannatori e mendaci. 

Chi ci dice che il signore in auto non avesse un look tanto disordinato perchè ha passato la notte con il suo bimbo appena nato che non ha fatto altro che piangere? E la ragazza del centro? Che ne sappiamo non abbia avuto disturbi alimentari fino ad un anno prima ed ora si senta finalmente libera di esibire il proprio corpo, non più schiavo di terapie e farmaci?

E' così facile cadere nell'inganno dell'apparenza.

Mi viene in mente un frase che sentii una volta in un film:

"Ciò che l'occhio vede e l'orecchio sente, la mente crede". Penso capiti a fagiolo per spiegare il mio punto di vista di oggi in merito all'abito che fa il monaco.

Quello che vediamo, istintivamente lo associamo a degli stereotipi che a nostra volta ci sono stati imposti, di cui abbiamo "sentito" parlare.
E così un ragazzo tatuato è un drogato, una ragazza appariscente è una battona, un bambino vivace è iperattivo, un uomo cordiale è un maniaco... e via discorrendo.
L'abbiamo visto una volta da qualche parte, l'abbiamo sentito o ci è stato riportato. E così, quell'associazione di idee, l'abbiamo fatta nostra, l'abbiamo interiorizzata. E siamo pronti a tirarla fuori ogni qualvolta si ripresenti ai nostri occhi la stessa immagine.
Ecco l'errore! Che si potrebbe tradurre col "fare di tutta l'erba un fascio", per usare un altro noto modo di dire.

Dovremmo imparare (e non è affatto una cosa facile) a vivere senza pregiudizi, senza preconcetti.
A valutare ogni singola situazione in modo unico e diverso, per non rischiare di incappare nel luogo comune o nel clichè.

Per questo il mio consiglio, se può servire a qualcosa, è sempre di presentarci al prossimo nel miglior modo possibile sì, ma nel NOSTRO miglior modo possibile. Essere noi stessi è sempre la cosa migliore. Giudicare non è bello tanto quanto l'essere giudicati. Ma usciamo allo scoperto fieri di essere come siamo. Perchè noi sappiamo come siamo, chi ci ama lo sa.

E se qualcuno è davvero interessato a scoprirlo, allora troverà il modo di abbattere il muro dell'apparenza, arrischiandosi nel nostro territorio

L'abito non fa il monaco, no. Ma anche l'occhio però... vuole la sua parte!