Parliamo di solitudine e magari non sappiamo di cosa stiamo parlando.
Per definizione la solitudine è
"L'esclusione da ogni rapporto di presenza o vicinanza altrui desiderato o ricercato come motivo di pace o di raccolta intimità"...
...e quindi parrebbe essere anche tutto sommato uno stato di grazia, un bisogno, una necessità fisica e mentale di staccare la spina da abitudini, da luoghi e soprattutto da persone tossiche. Insomma isolarsi da tutte quelle cose che ci soffocano, che non ci fanno crescere, che non ci arricchiscono (nel senso più spirituale del termine).
E' pur vero, tuttavia, che lo stesso sostantivo possiede anche un'altra accezione:
"L'esclusione da ogni rapporto di presenza o vicinanza altrui sofferto in conseguenza di una totale mancanza d'affetti, di sostegno e di conforto".
Mancanza di sostegno. E di conforto.
Esattamente come quando senti di voler aiutare tutti intorno a te, senti di voler essere utile, senti che con un tuo contributo, seppur piccolo e infinitesimale, le cose possono cambiare, migliorare. Magari non risolversi del tutto, ma senti di poter avere un ruolo nel grande ingranaggio di cui fai parte.
Poi invece, ti capita di dover essere tu ad aver bisogno di aiuto. Di sostegno, di conforto.
E in quel momento ti accorgi di essere sola. Esattamente come quando esci tardi da un centro commerciale, il parcheggio è vuoto e desolato. E anche se il cielo è ancora chiaro e non è buio, avverti ugualmente quella sensazione, quella stretta allo stomaco, che per un attimo ti ricorda che sei lì sola. Che con te non c'è nessuno e che nessuno potrebbe aiutarti qualora ne avessi bisogno.
Eccoci ricollegati dunque alla solitudine, non specificatamente cercata, ma nella quale ci ritroviamo a scivolare ogni volta che ci sentiamo messi da parte, non considerati, esclusi per aver manifestato un'idea diversa da quella del branco (magari migliore, ma sostanzialmente diversa... ed è una colpa che l'abbia avuta proprio tu e non chi gestisce il branco, perchè significa che tu hai una testa... e che quella testa ragiona).
La solitudine in cui scivoliamo ci porta dapprima ad una sorta di sofferenza soffocata: non possiamo e non vogliamo palesare il nostro malessere al prossimo. Quel prossimo che a sua volta ne è stato palesemente la causa. Successivamente però, non ci importa più che si sappia o non si sappia. Il nostro stato d'animo può comodamente venire fuori, non ci importa.
E quell'opinione, quell'idea, quello spunto di riflessione che abbiamo tenuto per noi, ben celato da occhi indiscreti, inizia a germogliare. Quel pensiero diventa un'idea ben definita, quell'idea diventa un progetto e quel progetto inizia a prendere forma, colore. Inizia a prendere vita.
Al contrario di ciò che avresti fatto mesi prima, e cioè condividere le tue opinioni con il branco, stavolta decidi di tenerle per te. E di lasciarle crescere, maturare, proprio come stai facendo tu, in solitudine.
Questo tuo isolarsi, che in realtà non è altro che una conseguenza e non una presa di posizione, verrà criticato aspramente. Perchè se fai parte di un branco, sei tenuto a condividere, tutti possono prendere un pezzo da tutti, il bene è comune e il singolo non esiste, in nome di un qualcosa di superiore che evidentemente però fallisce, qualora anche un solo elemento viene emarginato o lasciato indietro.
Ecco che quella solitudine, dapprima forzata, poi criticata, poi divenuta uno stile di vita e in un certo qual modo anche uno schermo per proteggersi dalle delusioni date da chi diceva di appoggiarti (e che invece se l'è filata alla prima occasione), quella solitudine diventa un plus. Un momento, un modo, un'occasione per ritrovare noi stessi e i nostri obiettivi, che forse avevamo stupidamente accantonato a favore di quelli di un branco che evidentemente non ci merita e non ha intenzione di riconquistare la nostra fiducia e la nostra stima.
La solitudine ci aiuta rifocalizzarci su ciò che siamo e su cosa vogliamo. A raddrizzare il tiro, a renderci conto che un posto per noi c'è e che non è necessariamente tra le fila di persone tutte uguali che la pensano tutte allo stesso modo (chissà magari hanno anche ragione, magari no, non lo sapremo mai senza un reale confronto).
Credo che la solitudine sia un plus per chi è in grado di gestirla senza sentirsi soffocato. Senza sentirsi un perdente. Perchè un perdente non lo è. Nè un fallito, nè un incompreso, nè un'arrogante vittima asociale che si trascina piangendosi addosso.
Chi sceglie la solitudine è perchè è stato spinto in un angolo. Ma da quell'angolo ha trovato spiragli attraverso i quali vedere paesaggi bellissimi.
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