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Anche l'imperfezione è una forza, non una debolezza!





- Ogni giorno, un contadino portava l'acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa dell'asino che gli trotterellava accanto. Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio, perdeva acqua. L'altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia. L'anfora vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l'anfora nuova non perdeva l'occasione di far notare la sua perfezione: «Non perdo neanche una stilla d'acqua, io!». Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone: «Lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite». Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse all'anfora screpolata e le disse: «Guarda il bordo della strada». «È bellissimo, pieno di fiori». «Solo grazie a te» disse il padrone. «Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno» -


Questa bellissima storia mi fu dedicata, un giorno di qualche anno fa, da un frate che passava ogni mattina in reparto a trovare i pazienti. Anche io ero ricoverata allora e lui, vedendomi lievemente scoraggiata per il persistere della mia patologia, mi disse che quella che io consideravo debolezza, in realtà era la mia grande forza.
Mi disse che secondo lui anche io ero come quell’anfora, un po’ “scassata”, con tante fessure: la malattia, le paure, le fragilità, il subbuglio di pensieri sulla vita e sulla morte, gli interrogativi sul domani, l’incapacità a capire tutto.

Ciò che mi fece piacere è che lui comprese il mio stato d’animo e mi convinse di avere un grande pregio: quello di saper guardare in faccia con umiltà tutta la mia difficile realtà interiore riconoscendola come una “roba” mia… in poche parole l’essere cosciente dei miei limiti.



Questo, a mio parere, è il punto di partenza per riscoprire che dentro l'anfora di creta c’è un tesoro grande: le ferite riconosciute possono diventare gli spazi attraverso i quali sgorga quell'acqua fresca di cui siamo pieni! Tutte le nostre potenzialità, la bellezza, la capacità di donarci, di amare, le nostre energie che vanno a irrigare, anche se non ce ne accorgiamo, i terreni di coloro che incontriamo sul nostro cammino, regalando loro splendidi fiori.

 

Il consiglio, apparentemente scontato, ma in realtà VERO e AUTENTICO più che mai, è di vivere la quotidianità con passione, gustando la gioia dei momenti felici e mangiando il pane delle lacrime dei momenti più duri.



Il fatto di non essere perfetti ma di avere delle “debolezze”, dei difetti, delle peculiarità che ci rendono diversi… è il mondo! Il mondo è bello perché vario! Se il mondo fosse popolato solo ed esclusivamente da anfore perfette, lisce e levigate, non avremmo l’arte, la musica, non ci sarebbero state personalità tanto tormentate ma per questo ancor più geniali.

Paure e insicurezze diventano una ricchezza nel momento in cui, l’acqua che sgorga dalle fessure, produce un effetto positivo su chi e cosa ci sta intorno. Tanto meno ci accorgiamo di quel bene che facciamo, tanto più grande è la nostra umiltà e la preziosità di ciò che doniamo.


Cosicchè, io che ho sempre vissuto la malattia con una sorta di distacco negativo, considerandola un difetto, una colpa, una tara… ho scoperto, grazie a Fra Lorenzo, che la diversità e la “sfortuna” in realtà sono solo ostacoli di un cammino che per me magari è stato tortuoso… ma GRAZIE a me, colorato di bellissimi fiori!