Sentivo il brusìo del pubblico. Poi ad un certo punto, la voce del grande capo che annunciava il mio nome: era il mio turno!
Il mio intervento durante quella conferenza annuale, alla quale erano presenti almeno un centinaio di persone, era stato deciso solo qualche giorno prima, ma questo non mi aveva impedito di prepararmi con estrema attenzione e trepidazione.
Con calma e in maniera composta mi alzai dal mio posto e salii sul palco. Non avevo appunti con me, ma mi sistemai ugualmente dietro al leggìo. Sullo schermo alle mie spalle scorrevano le slide che avevo preparato a supporto del mio discorso.
Parlavo in totale scioltezza, senza paura, senza mancamenti nella voce o indecisioni.
Guardavo di fronte a me verso un punto non definito, poichè il riflettore puntato sul palco mi impediva di distinguere le persone. E così mi sembrava di parlare ad una sala vuota. Anche se sentivo il pubblico che mi ascoltava attentamente, lo sentivo sorridere all'incalzare del mio discorso che si faceva ora più serio ora più leggero e disteso.
Infine sentii le persone ridere di gusto, quando mi lanciai in una battuta sarcastica circa l'andamento del mercato in questo periodo... insomma le stavo coinvolgendo a tutti gli effetti!
Ma quello che mi sorprendeva di più era la mia massima tranquillità.
Ero io, solo io. Parlavo su un palco. E le persone mi ascoltavano. Avevo catturato la loro attenzione e mi stavano ascoltando!
Al termine del mio intervento, le persone mi fecero anche un applauso. Non posso descrivere a parole quello che ho provato. Una sensazione di appagamento e di realizzazione come non saprei dire.
Battevano le mani a me, per quello che ero e per quello che avevo pensato, detto, esposto loro nel corso del mio breve ed intenso intervento.
Mentre mi avvicinavo ai gradini per scendere dal palco, la luce del riflettore si fece meno intensa e allora riuscii a scorgere una persona in prima fila. Era mio padre. Era seduto proprio lì in prima fila. Mi sorrideva e anche lui batteva le mani. Doveva essere fiero di me, per una volta.
Quell'applauso si fece via via più lontano, sommesso... scendevo dal palco per tornare al mio posto e lo sentivo affievolirsi sempre più.
E poi il buio. Solo io, nel letto. Con una sensazione che non avevo mai provato prima.
Mi sono sentita piena, appagata, realizzata. Ho sentito crescere in me il desiderio di farlo sul serio, di farlo per davvero.
Proprio io... che di parlare in pubblico non ne ho mai voluto sentir parlare. Io che fino a poco tempo fa non lo avrei fatto nemmeno sotto tortura. Io che piuttosto che parlare in pubblico, preferisco scrivere per ore, ore, ore e ancora ore... in totale solitudine e al riparo da occhi e giudizi indiscreti.
Se è vero che i sogni sono desideri, forse inconsciamente desideriamo davvero essere o fare ciò che razionalmente non avremmo mai il coraggio di ammettere. Soprattutto a noi stessi.
O forse è solo l'ennesimo muro che autonomamente ci costruiamo attorno per difenderci dalle delusioni e dai giudizi negativi.
Se così fosse, significa che nonostante il mio dribblare i discorsi in pubblico (fin dai tempi delle scuole superiori!), forse parlare in pubblico è ciò che realmente il mio io desidera.
E chi sono io per negare al mio io qualcosa che possa renderlo felice ed appagato?!
Forza allora, una nuova sfida mi attende!
Nessun commento:
Posta un commento