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Sensibilità ZERO tra le corsie dell'ospedale!


Credo sia capitato ad ognuno di noi, almeno una volta nella vita, di dover trascorrere uno o più giorni ricoverato in ospedale, oppure dovercisi recare per effettuare una visita o sottoporsi ad un qualche genere di esame. Se tra voi c’è qualcuno a cui non è mai capitato niente di tutto ciò… beh, siete persone fortunate, poiché negli ultimi tempi devo purtroppo ammettere che l’ospedale, perlomeno quello nel quale mi reco io, è diventato un posto popolato di persone insopportabili, prepotenti, saccenti ed arroganti.
Premetto che frequento una struttura ospedaliera con cadenza mensile per sottopormi ad una terapia di tipo oncologico. Il reparto quindi che mi tocca è proprio quello di oncologia.

All’interno di questo reparto, a mio parere, regna sovrana la più meschina e malcelata ipocrisia della peggior sorte. E mi spiego subito: nella sala d’attesa ci sono dozzine di manifesti che proclamano la solidarietà dei medici con i malati, il telefono “amico” per rispondere ai tuoi dubbi, il telefono “rosa” per le donne che hanno subito interventi di tumore al seno, iniziative che aiutano le malate a sentirsi meno colpite dal cancro grazie alla visita settimanale di una parrucchiera / estetista che aiuta loro a distrarsi con un nuovo look… e via discorrendo.

Credetemi, le pareti ne sono piene.

A me è capitato di essere molto dubbiosa in principio sulla mia terapia… insomma, parliamoci chiaro, volevo saperne di più! Non è che prenda per buono tutto quello che mi viene detto, mi piace PENSARE con la mia testa, pormi delle domande e cercare delle risposte.

Il trio di dottoresse che si alternava nella visita mensile e nella somministrazione della terapia, fu fin da subito “seccato” dalla mia malsana curiosità: “la terapia è da fare”, non ci sono altre soluzioni. Alla faccia della disponibilità al dialogo tanto pubblicizzata in sala d'attesa!!! Devo dire che, per essere dottoresse di un reparto di oncologia, il loro cinismo e la loro poca predisposizione al contatto umano, fossero quantomeno allarmanti. Mi sono sempre chiesta, infatti, cosa mai le avesse spinte a prendere questo tipo di strada professionale, visto e considerato che per avere a che fare con PERSONE, bisogna anche essere un pochino portati. Il lavoro del medico, che considero quasi una sorta di missione, una persona deve sentirselo dentro. Un medico che lavora poi in oncologia, io credo debba avere una sensibilità doppia, tripla! Insomma, in questo reparto, capita spesso di dover dare notizie poco confortanti, se una persona te lo dice in un certo modo magari non ti indora la pillola, ma se almeno si ricorda il tuo nome… forse ti sentiresti anche tu più PERSONA e meno PAZIENTE, meno “numero”.

Mi è poi capitato di aver avuto un diverbio con queste tre dottoresse, perché avevano sbagliato a riportare un dato nella mia cartella clinica; molto gentilmente glielo feci notare chiedendo se poteva essere corretto, visto che non si trattava della “lista della spesa”, ma di documenti clinici ufficiali. In modo del tutto evasivo mi dissero che non era possibile apportare modifiche, che le cartelle cliniche essendo ora digitali non potevano essere cambiate e che, tutto sommato, si trattava di un errore di poco conto. Secondo loro!!!

Questa loro poca trasparenza e questo assurdo ed immotivato atteggiamento di superiorità (cosa mi ero sognata di chiedere loro? ingrata che ero…), mi fecero perdere le staffe. Ma non feci scenate di alcun genere. Mi limitai ad inviare un reclamo via fax all’Ufficio Relazioni col Pubblico. Il mese successivo, quando mi recai nuovamente in ospedale per la terapia, fui convocata dal primario del reparto di Oncologia in persona. Mi chiedeva spiegazioni e se potevamo addivenire ad una soluzione. Ma guarda un po’!

Ovviamente feci valere le mie ragioni e lui, pur facendo la spalla alle sue tre dell’Ave Maria, convenne con me che quel dato andava corretto.

Tutto questo casino solo per non essere stata ascoltata.

Io sono la paziente! Sono io, siamo noi che paghiamo lo stipendio ai medici! Ascoltarci è il minimo che possano fare! Non è una cosa da poco!

Comunque sia, il risultato è che ora nessuna delle tre dottoresse mi ha più in cura; da allora si rifiutano di visitarmi e hanno passato il mio “caso” ad un collega. Quindi ogni volta mi tocca vagare per due reparti, in uno per fare la visita ed in un altro per fare la terapia.

Tutto ciò solo perché tre mastine non hanno avuto la coscienza, il buon cuore, in una parola “l’UMILTA’”, di dire “OK, forse c’è un errore, vediamo di risolverlo”.

L’ospedale non è più il posto dove un tempo se eri malato venivi accudito e potevi sentirti al sicuro. Non è più il posto dove dai per scontato che faranno il meglio per farti guarire.

Il fattore business è sempre più prorompente. I medici non sono più medici, ma galoppini di case farmaceutiche. E l’umanità che era insita un tempo nel cuore di un medico che intraprendeva questo mestiere per fare del bene, ha ceduto il passo al guadagno, al profitto, all’utile. Che tristezza.

In questo preferisco di gran lunga gli animali all’uomo.

Perlomeno loro non li vedi fregarsi uno con l’altro per la percentuale.

Sono sicuramente più limpidi.

Che dire… già doversi recare in ospedale non è una cosa che mi faccia impazzire. Recarsi nel reparto di Oncologia è una spada di Damocle mensile ma che tutto sommato avevo imparato a digerire. Dovermi però scontrare con persone di questa specie, devo dire che è davvero indisponente. Certe persone, per il tipo di carattere che hanno, non dovrebbero fare certi lavori. Ora, riflettendo tra me e me, immagino quelle tre dall’altra parte… se fossero loro in sala d’attesa ad aspettare la visita? Cambierebbero atteggiamento? Forse sì. Come dico sempre, per sapere come ci si comporterebbe, bisognerebbe provarlo sulla propria pelle.

Ma non è nella mia indole augurare il male agli altri. Ebbene sì, neanche a loro.

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