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Amicizie: se e come cambiano nel corso degli anni...


Ho conosciuto la mia prima vera amica intorno ai 6 anni. Con lei ho condiviso tutta l'esperienza della scuola elementare, i pomeriggi a casa mia o sua a giocare ed inventare. Poi l'avvento della scuola media e con essa la scoperta del cambiamento del nostro corpo con l'arrivo della pubertà, i primi fidanzatini (più o meno seri), il primo bacio, ma anche la prima delusione, i primi travagli d'amore e la scelta riguardante il nostro futuro scolastico. Da quel momento le nostre vite iniziarono a dividersi un pò: la scuola superiore che avevamo scelto non era la stessa, avevamo interessi diversi, abilità diverse... e quindi il nostro percorso che fino ad allora era stato inseparabile, arrivò inevitabilmente ad un bivio.

Con la scuola superiore infatti, si aprì tutta una nuova vita fatta di impegni diversi, nuovi compagni di scuola, orari ed interessi nuovi e differenti. Gradualmente, e forse anche inconsapevolmente, mi allontanai da lei e lei da me. Trovammo nuove amiche e nuovi amici, con interessi in comune a quelli nuovi che ci eravamo create e verso cui ci spingevano le nostre nuove ambizioni e i nuovi lati del nostro carattere. Nuovi amici a scuola, nuovi interessi, nuovi hobby.
Letteralmente una nuova pagina di vita tutta da scrivere.

Poi anche la scuola superiore finì e nel frattempo la cerchia delle conoscenze si era allargata anche a persone più grandi e che magari non facevano più parte del nostro piccolo ristretto mondo dei vicini di casa o della classe.
E così, da cosa nasce cosa e da amico nasce amico... gli amici divennero altri ancora.

Ma allora verrebbe da chiedersi: sono loro a cambiare, a girare intorno a noi? O piuttosto siamo noi che cambiamo ed abbiamo bisogno di volta in volta di avere vicino persone diverse? Adatte all'istante della vita in cui le incontriamo. Siamo noi che cambiamo. Noi che ci evolviamo, mutiamo forma ed essere e mutiamo nel contempo ciò che c'è intorno a noi, lo plasmiamo per renderlo più simile a noi o ricerchiamo qualcosa di simile che già esiste per uniformarci ad esso perchè in quel momento è quello che siamo ed è quello di cui abbiamo bisogno.

Ecco allora che dopo esserci fidanzate, restringiamo la cerchia ad amiche che lo siano a loro volta.
Dopo che ci si sposa, si ricercano coppie pure sposate per condividere lo stesso stile e le stesse scelte di vita. Quando poi arrivano i figli, le amicizie diventano letteralmente altre famiglie e lì la condivisione delle scelte di vita diventa totale.

Dalla mia posso dire che quell'amica d'infanzia c'è ancora, magari non più presente come allora... ed è giusto sia così, ognuno con i propri impegni e la propria famiglia. Ma quando sono successi eventi importanti nella mia o nella sua vita, abbiamo sentito entrambe l'esigenza di confidarci. Ed è stato come se quel filo robusto e che credevamo indissolubile, non si fosse mai spezzato. Ho gioito con lei per i suoi successi e lei ha pianto con me per le mie disgrazie. Non è questo che fanno gli amici?

Le mie amiche di ora, sono ancora quelle del periodo post scuola superiore... ed ora siamo tutte sposate e con prole. Il tempo per vedersi magari non è mai abbastanza, ma grazie a whatsapp, facebook ed al caro vecchio telefono ci si tiene in contatto diretto.

Poi le amicizie cambiano, come dicevo, perchè noi cambiamo. Ho trovato bellissime persone in tanti ambiti della mia vita. Al corso per l'adozione, per esempio. Coppie di persone fantastiche che condividono con me un obiettivo importante. E con loro è bello sperare e farci forza l'un l'altro. E' bello scoprirsi proprio per scoprire che, anche in questo ambito, non si è soli, ma c'è chi, come noi, soffre, spera, gioisce.

Il bello della vita sta proprio nel cambiamento (benedetto sia Pirandello e la sua visione della vita in continuo mutamento!). Se non riusciamo a cambiare noi stessi, cambiamo chi ci sta intorno, per essere sempre al passo, sempre sospinti in avanti, sempre in evoluzione.

Normalità: conquista o rassegnazione?


Giornate piene, caotiche, stancanti, estenuanti, gravose.
Oppure giornate serene, solitarie, tranquille, magari vuote, ma non di contenuti e pensieri.
Qualunque sia il nostro tipo di giornata, arriviamo a sera carichi di interrogativi: Avrò fatto tutto? Ho dimenticato qualcosa? Potrò farlo domani?
Ma soprattutto: la mia giornata è stata appagante? Se sì, in che misura lo è stata? Mi ha fatto crescere come individuo?
Se invece la risposta è no (e la cosa è un pò più grave), allora la domanda successiva sorge spontanea:
Perchè non lo è stata? Sto veramente vivendo la vita che voglio? O mi lascio trasportare dagli eventi senza tuttavia averne il minimo controllo?

La normalità (io la chiamo così) è una vita basata su ritmi tutto sommato tranquilli ed inquadrati: casa, lavoro, weekend, ferie...
Il fattore "emozioni forti" non è dato da un lavoro fuori dalle righr come la Rock Star o lo Stuntman;
semplicemente, chi vive "normalmente" sa che esiste un contorno: il lavoro, mero e puro mezzo di sostentamento, ma che le cose che contano sono altre, la famiglia, la salute, un tetto sopra la testa.

Quelle persone che invece cercano il brivido ad ogni angolo e che si permettono di dire "non potrei mai fare l'impiegato tutta la vita", secondo me, non hanno ancora trovato una loro collocazione in questo mondo. Una loro dimensione. Non è che queste persone siano ingrate o incoscenti. No, credo solo siano ancora un passo indietro rispetto al concetto di normalità, nel senso più ampio e positivo del termine.

Pensiamo ad un ragazzo disoccupato, che ha superato i trent'anni, vive ancora con la famiglia e non riesce a spiccare il volo perchè non ne ha i mezzi. Vorrebbe trovare una compagna di vita, mettere su casa, avere un lavoro fisso, magari dei figli. Avere una vita normale!

La normalità non è rassegnazione, standardizzazione, non significa uniformare la vita ad un qualcosa di grigio e piatto, sempre uguale, privo di stimoli ed emozioni.
La normalità è la conquista  di un livello superiore, l'abbracciare la prospettiva secondo la quale quello che ho, è quello che mi serve e che mi può bastare.
Non dico che non si debbano avere aspirazioni, sogni nel cassetto, desideri e speranze. Certo che bisogna averne!

Ma mentre camminiamo lungo il percorso della vita per raggiungerli, non dimentichiamoci di osservare, apprezzare e dare il giusto valore al paesaggio che ci circonda e a chi ci accompagna.

Essere felici per qualcuno! E' possibile? A me è successo...


C'è stato un tempo in cui credevo che l'empatia, quella vera, non esistesse. Che fosse un sentimento umanamente impossibile da provare. Ed ero convinta di questo perchè credevo che una persona, per provare le stesse sensazioni e gli stessi sentimenti di un'altra persona, dovesse materialmente provare la stessa situazione, non solo immaginarla. Ma provarla e sperimentarla sulla propria pelle.

Facciamo un passo indietro... cosa significa esattamente empatia? Perchè magari ne parliamo ma non ne conosciamo l'esatto significato.
Wikipedia ci illumina dicendoci che "l'empatia è la capacità di comprendere appieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Significa sentire dentro, ad esempio mettersi nei panni dell'altro ed è una capacità che fa parte dell'esperienza umana ed animale".

Ora, io credo che provare le stesse sensazioni di un'altra persona, in modo puro ed incontaminato sia difficilissimo, per non dire impossibile.
Facciamo esempi concreti e spicci per capirci.

Il nostro vicino di casa vince un milione di euro al Superenalotto. Siete felici per lui, vero? o anche invidiosi? e un pochino incazzati perchè dai, porca miseria perchè lui si e voi no? ecco la contaminazione dei sentimenti.

Altro esempio: una conoscente vi chiede cosa mai aspettate a fare il secondo figlio. Umilmente le spiegate che non potete più averne per comprovati motivi clinici. Lei si dispiace, è triste per voi, ma in lei si innesca anche un meccanismo di pena e compassione. Lei pensa "per fortuna io posso".
Ecco un'altra contaminazione.

Quindi questo a cosa porta? Mi porta a credere che l'empatia vera, pura e incondizionata sia difficilissima da provare. Pur essendo una sorta di sentimento umano, io credo che rarissime volte si riesca a provare nella vita. E, sempre secondo me, ci sono persone che non l'hanno neanche mai provata.

Eppure, a me è successo. Quando meno me l'aspettavo. E' accaduto. E tenterò di spiegarverlo, anche se devo ammettere che non ci sono parole semplici per verbalizzare un concetto tanto astratto e profondo.

Qualche settimana fa siamo stati informati da una delle coppie che ha seguito il corso per l'adozione con  noi, che erano stati contattati dal Tribunale per un possibile abbinamento. Fin qui devo dire di aver accolto la notizia con eccitazione, ma senza lasciarmi troppo trasportare dall'entusiasmo perchè, come ben sappiamo, la telefonata non sempre corrisponde ad un abbinamento certo. E' sicuramente uno step importantissimo, ma non è detto fino all'ultimo che sia quello definitivo.

Ok, per qualche giorno ci ho pensato, chiedendomi come si sarebbe evoluta la vicenda. Fino al giorno in cui la coppia ci ha confermato di essere stata prescelta per l'affido dei minori.
Ecco, in quel momento, ho provato una gioia immensa, da pelle d'oca, una sensazione di benessere e di assoluta positività!
Non mi è passato  neanche per l'anticamera del cervello il quesito: "Perchè loro si ed io no?" nessuna sfumatura di invidia, seppur minuscola ed impercettibile, è riuscita ad infiltrarsi nel mio IO
Ho fatto un pensiero, in realtà, molto semplice e lineare: io ho già provato l'esperienza del diventare genitore, dell'essere mamma. Ed è una cosa così immensa, così profonda, un'esperienza così emozionante e che invade così radicalmente e totalmente ogni angolo della tua vita, della tua persona, del tuo corpo e della tua mente, che l'apprendere che anche un'altra coppia che tanto lo desiderava (e che per qualsivoglia motivo ancora non l'aveva ancora provato...) avrebbe finalmente potuto provarlo, beh, è stata un'emozione unica. Sapere che anche loro, che tanto lo desideravano e soprattutto tanto lo meritavano, avrebbero potuto provare la gioia di essere mamma e papà, mi ha invasa di gioia vera e sincera. Credo di non avere mai provato un'emozione tale.

Vuoi perchè anche io per motivi fisici e clinici, dopo la Kikka (che comunque è già di per sè un piccolo miracolo) ho dovuto dire addio alla speranza di avere altri figli biologici; vuoi perchè dopo un percorso condiviso di esperienze, incontri, colloqui e sedute di psicanalisi, abbiamo finalmente visto concretizzarsi per qualcuno di noi l'obiettivo finale, il traguardo tanto agognato; vuoi perchè prima di tutto e sopra ogni cosa, ci sono i bambini. E sono certa che con P. e S. abbiano trovato una famiglia vera ed autentica che saprà circondarli di amore e serenità.

Insomma, mettetela come volete.
Io sono felice. Per loro e con loro. Felice per tutti e quattro. Ed auguro loro ogni bene.
Le ottime premesse non mancano!
Ad maiora!

Il tempo è prezioso: per perderlo o guadagnarlo, basta un attimo!


Che il tempo sia più prezioso del denaro, questo lo sappiamo tutti!
Lo sanno le persone che lavorano e che hanno la giornata scandita da ritmi ed orari. Lo sanno i genitori che si dedicano ai figli a casa, con la settimana suddivisa tra scuola, doposcuola, corsi in palestra / piscina, catechismo e chi più ne ha più ne metta.
Se un giorno accade un imprevisto, ecco che si verifica la catastrofe!
Abituati come siamo ad avere tutto sotto controllo o perlomeno ad avere l'assuda sensazione che lo sia.
E allora, se tutto non combacia e non si incastra come un puzzle, ci arrabbiamo, perdiamo la pazienza, diventiamo aggressivi ed irascibili!
Pensate a quando dovete uscire per una cena, preparate voi stessi ed i bambini a puntino, cappotto / sciarpa / berretta e poi... mentre infilate le chiavi nella toppa per uscire, vostro figlio vi dice "devo fare pipì"!!! In quel momento lo guardate, ma che dico "guardate"... lo fulminate! E spazientiti gli chiedete come mai non ci avesse pensato prima! Lui di rimando vi guarda come a dire "perchè ti arrabbi? che fretta c'è?".

Lentamente, un passettino alla volta, ho imparato a capire che quando succede a me, mia figlia ha ragione! Proprio così, ha ragione!
Un bambino non ha la concezione del tempo, non sa quantificare i minuti, le ore e i giorni e vive così, con le regole e gli orari che NOI gli impartiamo e che gli imponiamo di rispettare.
In realtà, un bambino vive la vita con i suoi tempi, mettendo sè stesso ed i suoi bisogni al centro della propria vita... sbagliato? egoistico? tutt'altro! E' la cosa migliore in assoluto!

Lasciamo stare le cose fisse per le quali gli orari vanno rispettati... che so io, il lavoro.
Ma per il resto... perchè correre? Perchè sgridare mia figlia per una pipì imprevista, quando posso smorzare il tutto con una risata? E perchè perdere tempo arrabbiandomi quando posso approfittare di quell'occasione per abbracciarla, dirle che mi fa morire dal ridere e che la adoro così com'è!
Quante volte perdiamo tempo tenendo il muso lungo al partner per colpa della lingua che non ha saputo tenere a freno, quando sarebbe di gran lunga meglio affrontare la quesione a viso aperto... magari scornarsi per 5 minuti, ma poi risolvere tutto?

Il TEMPO, nessuno può darcelo indietro. Quello speso con i figli e la famiglia in generale è il migliore del mondo: impariamo a dargli il giusto valore, non perdiamo tempo in sciocchezze, frivolezze e bando ai musi lunghi. Se qualcuno ci ha ferito, infastidito o arrecato un danno, facciamolo presente, ma non sprechiamo tempo aspettando che le cose si risolvano da sole.
Il tempo non si può comprare, ma se si potesse, sarebbe la cosa più costosa al mondo, proprio perchè di inestimabile valore.
Ecco allora che tutte le corse assumono una connotazione differente ora.
Tutto quel voler "spaccare il minuto", concentrarsi sull'incastro di un puzzle di impegni, il voler avere il controllo su tutto (che assurda utopia umana!), tutto questo cade come un castello di carte quando, mentre correte isterici per casa cercando le chiavi della macchina, vostro figlio vi guarda e, con tutta la pacifica ingenuità di questo mondo, vi dice "giochiamo?".
Ebbene, per una volta, solo per una (per cominciare 😉) provate a mollare il chiavistello della gabbia mentale in cui vivete, andate contro tutti e tutto quello che di "giusto" ed oneroso in quel momento volevate o dovevate fare. Semplicemente prendetevi del "tempo". Sì, PRENDETEVELO. Sedetevi accanto a vostro figlio, prendete un pò di quel tenpo e DEDICATELO a chi vi sta a cuore.

Se è vero che il tempo è prezioso, non c'è dono più prezioso che voi possiate fare.

"Il silenzio è una discussione portata avanti con altri mezzi"

Persone che ti dicono quello che devi fare, persone che dicono di ascoltarti (te e le tue esigenze), mentre in realtà hanno già deciso cosa fare anche senza aver ascoltato la tua opinione.
Persone che ti chiedono, che esigono, pretendono, elargiscono consigli non richiesti, insegnano, predicano, persone che tentano di importi idee, pensieri, stili di vita, strategie aziendali, religioni, tecniche per avere / allevare figli, dimagrire, guadagnare… tutto senza minimamente fermarsi un attimo a riflettere e chiedersi: chi è la persona che ho davanti? Questa persona ha qualcosa da dire? Potrebbe arricchire a sua volta il mio background con i suoi di pensieri? Con le sue idee, le sue opinioni, in tre parole: il suo PUNTO DI VISTA?

Dall’altra parte, chi è succube di questa sorta di dittatorialità psicologica, annaspa, come un tizio che non sa nuotare e si è spinto troppo oltre la riva. Tenta di controbattere, di dire la sua, di riemergere, di farsi spazio e strada, di far udire la propria voce e di non soccombere. In una parola: di REAGIRE.

Eppure è difficile, e lo dico per esperienza. Far sentire la propria voce in un oceano di caos, indifferenza e maestri del “so tutto i, fai così che lo dico io”, è un’impresa titanica.
E io sono per la reazione. Lo sono sempre stata.
Sono per il non stare zitti, per far valere le proprie idee, per non lasciare cadere nel vuoto la propria prospettiva. Insomma, prima di cedere, bisogna sbatterci il grugno!

Ma poi arriva un momento, sarà l’età che avanza (!), in cui il fuoco che prima ardeva in noi e che esplodeva come una bomba ad ogni contraddizione, si affievolisce un poco.
E alla “reazione uguale e contraria”, si passa ad una discussione di tipo più diplomatico e pacato (per quanto possibile).
Arriva poi il punto a cui sono arrivata io. E non sono un’esperta in materia perché ci sono arrivata anche io da poco.
Il valore inestimabile del silenzio. Sì, del SILENZIO.
Perché sprecare tempo, voce ed energie con chi non lo merita?

 Hai un’opinione diversa dalla mia? Ok, non la condivido, ma lascio che tu la esprima.
E’ il mio turno? Non importa, starò zitta. In silenzio.
Perché so come la penso e come invece non vorrò pensarla. Tengo i miei pensieri per me e li esterno solo a coloro veramente interessati ad ascoltarli.

Il silenzio è un grandissimo VALORE.
Non è solo sinonimo di discrezione e di timidezza come si poteva pensare un tempo. Ma è anche sintomo di grande calma interiore, di riflessività, di apertura mentale.

In definitiva: VIVI E LASCIA VIVERE!
Perché chi hai di fronte sarà più interessato a sapere cosa pensi vedendoti in silenzio, piuttosto che sentirsi urlare in faccia la tua idea. Apprezzerà la tua calma, a discapito dell’irruenza e prediligerà la tua indole ad ascoltare, prima di voler imporre il tuo punto di vista.
Resta in silenzio. Ascolta.
Se ne vale la pena, controbatti.
Altrimenti continua a stare in silenzio.

Come diceva il buon vecchio Oscar Wilde:
A volte è meglio tacere e sembrare di essere stupidi, piuttosto che aprire bocca e togliere ogni dubbio”.